Adelante campesino adelante y a la unión / Que nosotros somos muchos y uno solo es el patrón / Cuando el pueblo se levanta por libertad pan y tierra / Temblaran los gamonales de la costa y de la sierra. Così cantavano i contadini della provincia del Carchi, una delle più povere dell’Ecuador, insediatisi nel latifondo di don Federico Guerrón. Era la fine degli anni ‘60, nella Patria Grande infuriava la guerriglia guevarista.

Per difendersi dai possibili attacchi della polizia si costruirono armi rudimentali, lance archi e frecce. «Sono le armi di Fidel!» brontolavano i loro avversari. Los cubanos, così erano chiamati gli occupanti. L’insediamento si ingrandì, fino a raggiungere le dimensioni di un villaggio, che prese il nome di Santa Martha de Cuba: Santa, ché alla fondazione si era in piena settimana santa; Martha, dal nome della compagna di uno dei braccianti; de Cuba, perché loro erano, orgogliosamente, Los cubanos.

Uno dei loro nipoti, el cubanito, pedalava in gruppo da Catania a Villafranca Tirrena, ancora incredulo per il trionfo sull’Etna: Jonathan Caicedo, a cui nella notte sono arrivate le congratulazioni del vicino di casa più famoso, quel Carapaz vincitore dell’edizione scorsa. E, ogni volta che può, Caicedo torna a Santa Martha, ad aiutare il babbo nel lavoro dei campi. La prima bici il babbo gliela comprò vendendo una mucca. Ottimo investimento: lui ricambiò alla prima vittoria con un trattore. Il vulcano continua a incombere sulla prima parte della tappa, quasi a voler rammentare al gruppo gli sconquassi del giorno precedente. La sensazione è che questa stagione scombussolata ci abbia consegnato una corsa primordiale, priva delle sicurezze derivanti ai corridori dalla preparazione certosina cui sono avvezzi.

Un’asperità a metà corsa non è d’eccessivo impedimento al raggiungimento compatto del traguardo, più a nord (in serata c’è da prendere il traghetto per Reggio). Nonostante il percorso facile, nemmeno si presenta alla partenza Thomas: è già la seconda volta che parte al Giro coi galloni del favorito e poi un ruzzolone lo fa fuori. Pronti via vanno via in tre, Frapporti, Gradek e Pellaud. Dietro, sulla salita, gli uomini di Sagan fanno il forcing per tirare il collo ai velocisti puri. Tra i fuggitivi l’ultimo ad arrendersi è Pellaud, ma la sua lotta contro il fato è impari. Proprio come quella di padron ‘Ntoni (si arriva in zona Malavoglia). L’esito è quindi una volata lungo lo stradone che corre parallelo al mare, e se l’aggiudica il campione francese Demare, previo ricorso al fotofinish.