Nel pieno delle trattative per la creazione di un governo Lega-M5s, nel quale i leghisti dovrebbero essere quelli che vogliono tagliare le tasse e la spesa, l’assessore al Bilancio della più importante regione di centro-destra denuncia come i tagli ai fondi mettano a rischio i livelli minimi di salute pubblica.
Succede in commissione Speciale durante le audizioni sul Documento di economia e finanza. A parlare è Davide Caparini, neo assessore al bilancio della Regione Lombardia nella giunta Fontana a nome della Conferenza delle Regioni. «I Lea (i ivelli essenziali di assistenza, cioe’ le prestazioni che il Servizio sanitario è tenuto a fornire a tutti i cittadini gratuitamente o tramite ticket, ndr) non sono più adeguati a quelli di un Paese civile: dal 2018 al 2019 si passa dal 6,6 a 6,4 per cento del Pil, cioè sotto la soglia del 6,5 per cento definita dall’Ocse come livello minimo per garantire la tutela della salute».

La denuncia non è nuova, molte volte in questi mesi avevano espresso concetti simili i sindacati e molti esponenti di Leu e della sinistra. Ma il fatto che sia uscita dalla bocca di un importante esponente leghista in questi giorni caldi assume un valore politico deflagrante. Anche perché Caparini – ex parlamentare, assurto agli onori della cronaca nel febbraio 2015 per essere intervenuto alla camera con una maglietta con su scritto «Renzi a casa» – non si è limitato alla denuncia sui Lea, ma ha proposto un vero programma, degno del prossimo ministro della Salute. «Questo è un anno cruciale – ha osservato – bisogna aggiornare il vecchio patto della salute, le priorità e il quadro finanziario e stabilizzare la crescita rispetto al Pil. Il trend degli ultimi sei anni va invertito, serve un nuovo programma per l’edilizia sanitaria, bisogna investire in persone, competenze e infrastrutture. In sanità in Europa 14 paesi investono di più, siamo fanalino di coda nel paesi G7 ma siamo secondi come richiesta ai cittadini, lo Stato investe meno e i cittadini pagano molto di più rispetto agli altri paesi G7».

Si sa che le Regioni in fatto di sanità sono gli attori che gestiscono il sistema, ma il grido di dolore sui conti imposti dalle manovre dei governi a guida Pd è molto alto. «Le Regioni hanno già raggiunto il pareggio di bilancio e ci state chiedendo un ulteriore taglio di quasi 2,5 miliardi», ma dal 2016 ci è richiesto un avanzo imponente oltre al pareggio di bilancio e il taglio ancora da coprire a legislazione vigente (il Def impostato da Padoan è in questi termini, ndr) è di 2,496 miliardi per il 2019 e 2020».

La chiosa di Caparini è un vero inno alla spesa sociale. «Si deve riuscire a liberare la risorse per le politiche sociali, l’istruzione, la sanita’, il trasporto. Piu’ indirizzare la spesa delle Regioni in nuovi investimenti”, ha aggiunto.

Una denuncia subito rilanciata da Stefano Fassina (Leu) e dal presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, ex assessore alla sanità. «Oggi oltre 10 milioni di cittadini, la fascia più in difficoltà economica, sociale e di salute, non si possono permettere le cure necessarie. Di fronte a questo scenario drammatico il quadro tendenziale del Def prevede una ulteriore diminuzione della spesa sanitaria in rapporto al Pil, oltre a mettere a carico del Fondo Sanitario Nazionale il costo per i rinnovi dei contratti del personale sanitario», afferma Fassina, membro dalla commissione Speciale. «La nostra Costituzione impone un’inversione di rotta, è quindi necessario innalzare gli obiettivi di deficit per il prossimo triennio fino al 2 per cento del Pil per stabilizzare la quota di risorse per la spesa sanitaria», conclude Fassina.

«Dopo anni di tagli continui, un sistema come quello sanitario, così ampio e vasto, rischia di collassare», dichiara il presidente toscano Enrico Rossi. Siamo ormai vicinissimi al punto di rottura. Non è pensabile che la tenuta dei conti pubblici passi sempre dai tagli alla sanità. Oggi, a 40 anni dall’istituzione del Servizio sanitario nazionale è ora che si torni a investire perché la sanità può essere un traino per la crescita»