Il mini super Tuesday, come è stato chiamato, ha consegnato la vittoria a Joe Biden affibbiando conseguenzialmente a Sanders un colpo dal quale difficilmente riuscirà a riprendersi.

Si è votato in sei stati, Idaho, Michigan, Missouri, Mississippi, North Dakota e Washington State. I risultati sono arrivati subito per Mississippi, Missouri e l’attesissimo Michigan. Quando anche quest’ultimo è stato assegnato a Biden, un immaginario sipario è sceso sul sogno socialista di Sanders e del suo movimento.

Nel 2016 il Michigan aveva entusiasticamente votato per Sanders, poi, chiamato a scegliere tra Clinton e Trump, aveva scelto il tycoon newyorchese. La rust belt dove si trova il Michigan era la zona chiave di Sanders: le sue città industriali sono i referenti principali delle sue argomentazioni contro le politiche economiche dell’ultimo mezzo secolo. Perdere il Michigan, con 125 delegati, è un duro colpo, vicino alla debacle, tanto da far annullare il discorso di Sanders del dopo voto. Non era mai accaduto.

Lui e i suoi sostenitori, dopo le sconfitte in South Carolina e nel super Tuesday del 3 marzo, avevano insistito sul fatto che la sua nomina fosse comunque certa, argomentando l’affermazione in due parti. La prima era che Sanders stava mobilitando nuovi elettori, giovani, persone alienate dalla politica e elettori di colore, per formare una grande e formidabile coalizione. La seconda era che avrebbe riconquistato il Midwest. Ma questo non si è avverato.

Nel 2016 proprio in Michigan Sanders aveva battuto Clinton sopratutto tra gli elettori bianchi senza titoli universitari. Stavolta anche questa fascia demografica è andata a Biden, nonostante l’ex vicepresidente abbia investito poco o niente in questo stato, in termini di tempo e di fondi.

Sanders, invece, aveva messo insieme una coalizione multirazziale, la sua presenza era stata costante così come gli investimenti economici in una campagna che ha reso popolare la richiesta di un fondamentale rimodellamento del governo e della ridistribuzione della ricchezza in America.

Resta il dato che il socialista democratico ha vinto le primarie in California, lo stato più grande del paese, e raccolto somme storiche provenienti solo da piccole donazioni, dimostrando che un candidato che evita i donatori ricchi può ancora competere nell’era delle campagne milionarie.

Anche se Biden accumula vittorie, i numeri sottostanti continuano a mostrare un netto divario generazionale: Sanders ha dalla sua il sostegno dei giovani democratici, mentre Biden vince grazie al sostegno di quelli più anziani. Ma, dopo il Michigan, questi stanno iniziando a sembrare punti sempre meno forti per Sanders rispetto al fatto che Biden, in un periodo di crisi, sembra la scelta più sicura.

Biden ha vinto tra i bianchi non laureati, tra i sindacati, è il candidato che gi elettori pensano possa gestire meglio una crisi e che abbia le migliori possibilità di battere Trump a novembre. Sconfiggere Trump è diventata la priorità assoluta per gli elettori democratici.

E qua sorge un vero problema, alcuni nella base di Sanders si dicono disposti a votare per Biden, ma non la maggioranza. A Flint, il fiero professore di Harvard Cornel West, grande sostenitore di Sanders, ha accusato Biden di essere “un neoliberista”, evocando un boato di fischi. Biden ne è consapevole e nel suo discorso ha subito ringraziato Sanders e i suoi sostenitori. “Voglio ringraziare Bernie Sanders e i suoi sostenitori per la loro instancabile energia e la loro passione. Condividiamo un obiettivo comune e insieme, sconfiggeremo Donald Trump”, ha detto.

Da Filadelfia, in una sala semi vuota con solo la famiglia e i suoi collaboratori per via delle nuove norme dovute al coronavirus, Biden ha detto: “Stasera siamo un passo avanti verso il ripristino della dignità, della decenza e dell’onore alla Casa Bianca. Questo è il nostro obiettivo finale. Abbiamo bisogno di un leader americano presidenziale che sia onesto, affidabile, veritiero e costante”. È suonato come un discorso da nomina alla convention per il ruolo di leader del Partito Democratico e aspirante capo del ramo esecutivo degli Stati Uniti.

Poco dopo Biden ha ricevuto anche l’endorsement dell’imprenditore ed ex candidato presidenziale democratico Andrew Yang, che nel 2016 aveva sostenuto Sanders. “Credo che Joe Biden sarà il candidato democratico e ho sempre detto che avrei appoggiato chi fosse risultato il candidato, quindi con la presente sto appoggiando Joe Biden”, ha detto Yang alla CNN, con cui ora collabora.

Yang non è il solo ex candidato a essere un ex sostenitore di Sanders che ha fatto dietrofront, già Pete Buttigieg durante un dibattito aveva ammesso “sostenevo Sanders prima che fosse di moda”. Ma in un momento di crisi tra resistenza e rivoluzione gli americani stanno optando per la resistenza.