Il codice della bellezza è l’impegnativo titolo del disco appena pubblicato per i tipi della Sony -, primo progetto solista di Samuel in «vacanza» dai Subsonica. «Ho sempre pensato – spiega l’artista torinese – che bellezza non fosse un concetto puramente estetico. Penso che sia una sorta di istinto interiore che rappresenta il bello degli esseri umani».

Dodici pezzi composti fra Torino, Roma e Palermo e prodotti da Michele Canova – il deus ex machina del pop italiano – che coniugano leggerezza a suoni sintetici e acustici: «Cercavo una persona di forte carattere, una che tende a cambiarti e farti diventare come lui. Questo perché ritengo che la creatività è la nostra zona non confortevole, volevo ingaggiare con Michele una sorta di tiro alla fune: portare lui in una zona non confortevole e nello stesso io andare anch’io nella stessa direzione. Il risultato è un disco con una sua cifra originale: non assomiglia né alle sue produzioni né ai lavori con i Subsonica».

Cinque brani dell’album sono scritti a quattro mani con Jovanotti: «Ha sentito alcuni miei pezzi, gli sono piaciuti e mi ha scritto per farmi i complimenti. Ci siamo incrociati a New York e abbiamo lavorato sulle cinque canzoni in tre sole giornate. Io lo immagino come un fratello maggiore a cui carpire delle informazioni. È una persona che ha un lato estremamente caloroso, un lato solare molto forte mentre io sono più nebbioso, sono più scuro come concezione musicale. In questo modo i due elementi si sono fusi insieme e mi hanno aiutato a tirar fuori dall’album quelle sonorità più solari, leggere di cui avevo evidentemente bisogno».

La statua della mia libertà ha uno spirito laico e ecumenico, la forza emotiva di chi affronta il dramma della migrazione: «È sempre un pezzo lavorato con Lorenzo su un ritmo leggero, che originariamente raccontava i ritmi del sud del mondo. Io ho preferito dargli maggior equilibrio, partendo dal concetto di sud del mondo ma facendo l’analisi di cosa sta accadendo in questi anni. Noi siamo testimoni quasi passivi della migrazione di alcune popolazioni, perché il nostro paese è un ponte fra le zone depresse e altre molto più benestanti dove le persone abbandonano la propria casa per andare a cercare fortuna. Una situazione che abbiamo generato noi, la nostra ricerca di benessere inevitabilmente genera delle povertà».

Vedrai è andato in gara a Sanremo: «In realtà potevo anche evitarlo, non avevo scritto un pezzo per il festival ma quando me l’hanno proposto ho ragionato sul fatto di essere un cantante e di essere italiano, e su quel palco sono passati gli artisti più importanti. Ho voluto provare a misurarmi in quell’ambiente».

La luna piena – una delle punte più alte del disco – è stato scelto da Walter Veltroni per il suo prossimo documentario, il rapporto di Samuel con il cinema è molto forte: «Il linguaggio visivo mi tocca tantissimo, io sono cresciuto con Mtv e appartengo a una generazione che coscientemente ha iniziato a utilizzare l’immagine nella musica cercando di darle una visione anche artistica. Penso a registi come Gondry, quando scrivo una canzone è sempre ovvio pensare a un immaginario filmico. O come Paul Thomas Anderson, che ho anche conosciuto in una cena con Thom Yorke: incredibile… Di lui amo la leggerezza, la capacità di raccontare storie anche molto forti, mantenendo alto il tasso emozionale e l’umanità».

Il codice della bellezza andrà anche in tour, due date torinese all’Hiroshima Mon Amour (11 e 12 maggio) entrambe già sold out, all’Alcatraz di Milano il 18 maggio e in chiusura al PostePay Sound Rock in Roma in uno speciale evento previsto il 27 giugno: «L’idea è di lavorare con una formazione essenziale, in trio. Presenterò i nuovi pezzi ma anche brani scritti per altri, quelli dei Motel Connection (un progetto parallelo di Samuel con Pisti e Pierfunk, ndr) e composizioni meno note dei Subsonica».