Serie «militante» The Robots, nel segno di Occupy come dice l’autore, Sam Esmail, ha ricevuto l’implicito imprimatur di account twitter vicini ad Anonymous. Niente male considerando che ad oggi riesce difficile pensare a trattamenti fiction della cultura internet che non siano parodistiche e paternalistiche versioni di «controcultura» vista dall’esterno. Dagli anni ’90 con The Net – intrappolata nella rete con Sandra Bullock ad Hackers, con Angelina Jolie e Anti Trust, al presente con 24, Quinto Potere col suo Assange da sceneggiato fino alla dolorosa recente incursione di Michael Mann palesemente spiazzato nel telefilmone barocco per i botteghini cinesi:Blackhat. Gli hacker di celluloide sono stati poco più che macchiette. L’antieroe di Mr Robot invece è Elliot (Rami Malek) programmatore prodigioso, introverso ai limiti dell’Asperger. Lavora in un azienda di cyber sicurezza che protegge le corporation di Wall street dagli attacchi telematici ma a casa sua è lui a scorrazzare in rete scassinando password e firewall a piacimento – a fin di bene. Ma nel suo personaggio assieme a Robin Hood c’è anche anche molto adolescente antisociale, dedito allo lo stalkeraggio compulsivo, della ragazza anelata, e perfino la psicologa che frequenta. Elliot/Malek ha una faccia un pò spiritata che ben si presta a quell’espressione da Travis Bickle. E come il protagonista di Taxi Driver, Elliot si rivolge allo spettatore con un dialogo interiore fuoricampo. Nelvoice over ci spiega l’avversione fisica per conformismo dilagante, il disprezzo per i social network, per Facebook e Zuckerberg e tutte le oligarchie di Silicon Valley compreso l’idolo prometeico delle masse: Steve Jobs. Contro, in definitiva, l’omologazione commerciale della pop-cultura. Abbiamo incontrato Sam Esmail che ci parla della genesi della serie.

Qual’è stata l’idea di partenza?
Ho sempre smanettato, e da ragazzo ho perfino fatto un minimo di hacking. Mi ha sempre affascinato la gente che girava in quell’ambiente. È una strana nicchia : techies, nerds, spostati ma brillanti; tutti un po’ disadattati eppure molto percettivi. Allo stesso tempo sono sempre stato frustrato dalle rappresentazioni che ne facevano cinema e la tv che restituivano una versione risibile. Volevo girare una storia autentica.

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L’idea centrale gira intorno a una specie di «cupola» della finanza…

Non voglio passare per il solito complottista ma mi sembra evidente che esista gente dal potere smisurato in questo complesso militare industriale, il mondo delle Halliburton e dei Carlyle Group, quelli che dietro le quinte influenzano il mondo e poi profittano dalle catastrofi. Bisogna essere ingenui per credere davvero che il collasso finanziario non sia in qualche modo stato pilotato.

La Lehman Bros….

Certo e anche quando sono stati beccati alla fine hanno fatto una barca di soldi senza alcuna conseguenza. La partita è truccata. È questa idea di un capitalismo estremo, che predilige i soldi su ogni cosa, che volevo trattare.

Ha inventato la Evil Corporation con quel logo che ricorda la Enron…

Lo abbiamo rubato. Vi ricordate quel caso? Manomettevano le tariffe elettriche a costo di mandare la gente in bancarotta. Fu l’esempio più lampante di cinismo industriale. Non credo fosse una caso isolato.

Elliot non ama le corporation, neanche i colossi di Silicon Valley…Facebook

Personalmente non lo uso. Perché dovremmo regalare tutte le nostre informazioni più private e riservate ad una corporation? Lo trovo terrificante…

I social come nuovo oppio dei popoli?

Questo no. Io sono egiziano i miei genitori lo sono – ed ho visto il ruolo che i social usati in modo rivoluzionario hanno avuto a piazza Tahrir. La rete può significare anche libertà, ma la tecnologia è un arma a doppio taglio quando è cooptata dal capitalismo. Non si cambia il sistema solo odiandolo come un adolescente, ma la rabbia degli hacker può essere potente, dalle primavera arabe al «hack» che ha messo in ginocchio la Sony.