Più di 2.500 anni fa, nel più celebre libro di tattica della storia, L’arte della guerra di Sun Tzu, c’era già scritto tutto. Il buon Flavio, invece di scontrarsi frontalmente con quel cattivo di suo “fratello” Matteo, avrebbe dovuto far tesoro di un concetto molto semplice: “Quando il nemico è potente, stai in guardia. Quando è forte, evitalo”. Oggi il segretario della Lega Nord è forte e spietato come tutti i leader che intendono farsi rispettare, dai nemici e dagli amici. La Lega, il partito che ha fatto scuola quanto a gestione del potere, ha sempre avuto una vocazione autoritaria. Prima comandava Bossi, oggi Salvini. Il sindaco di Verona, che è persona intelligente, adesso non può fingersi sorpreso se “Salvini vuole fare il dittatore della Lega”. Due dittatori nello stesso contesto non si sono mai visti. E la storia secondo cui un segretario di partito non possa pretendere di aspirare anche alla presidenza del Consiglio (Tosi puntava ad essere il leader del centrodestra) è già stata smentita dalla deriva di un altro partito a neo vocazione autoritaria, quel Pd con un uomo solo comando.

Flavio Tosi, che ieri sera è stato espulso dalla Lega dopo una manfrina interminabile, dice di essere stato cacciato pretestuosamente. Ha senz’altro ragione – è evidente che la presunta incompatibilità della sua Fondazione era un pretesto – ma lo sapeva anche prima di lanciarsi nella sfida. “Quella di Salvini – ha spiegato con aria abbacchiata in conferenza stampa – è stata una scelta dittatoriale per liberarsi del sottoscritto. La sua decisione nei miei confronti è stata più un pretesto che altro. Visto il nuovo corso che Salvini ha dato alla Lega, l’impressione è che non ci sia qualcuno che ricordi quali sono i valori fondativi su cui è nata la Lega, non si può essere secessionisti la mattina e alla sera sostenere l’unità d’Italia, cosa che è avvenuta in maniera clamorosa”. Ma efficace.

Le posizioni dei due enfant prodige erano già inconciliabili prima della cacciata, almeno da quando l’accelerazione fascio leghista di Salvini, con la complicità dei media compiacenti, ha rilanciato la Lega come non era mai accaduto prima. I patti tra i due, dice Tosi, però erano diversi. A lui era stato chiesto di lavorare con la sua Fondazione per allargare l’influenza della Lega al di là della “padania”, mentre Salvini avrebbe dovuto “limitarsi” a prendere la segreteria. Tutti sanno come è finita. Il patto è stato tradito. “Salvini è un Caino che si traveste da Abele”, ha detto Tosi. E il fratello cattivo, da vincitore, può anche permettersi il lusso di non replicare: “Non rispondo a chi insulta”, ha chiosato Salvini, il campione dell’eloquio felpato.

Cosa farà Flavio Tosi da grande? Non si sa. E’ ancora frastornato. Vuole ragionare “a mente fredda”. Ha bisogno ancora di qualche giorno per decidere se si candiderà alle regionali contro il candidato leghista Luca Zaia. Il sindaco di Verona è ancora molto potente e per “vendicarsi” sembra non avere altra scelta, anche se non sarà agevole far convergere l’elettorato leghista su una lista centrista che sarà costretta ad allearsi con le frattaglie del Ncd e forse con un partito – quello di Passera – che ancora non esiste. E non è detto che con il suo 5-10% (così dicono i sondaggi) riesca a favorire una vittoria della candidata del Pd Alessandra Moretti.

I tanti amici per ora tacciono. Verona si sta dividendo come per un derby, ma il futuro politico del sindaco forse più vincente d’Italia non convince nessuno. E, soprattutto, l’eventuale candidatura non sembra preoccupare i colonnelli della Lega che ostentano sicurezza e voglia di “mettersi al lavoro” per lasciarsi alle spalle questa guerra fratricida. “Sembra intenzionato a farlo – ha detto Luca Zaia – ed ognuno nella sua vita fa quel che vuole, ma io non lo temo. La buona notizia è che si mette la parola fine a beghe e polemiche incomprensibili che sono durate fin troppo. Resta l’amarezza per come è finita, ma si deve voltare pagina”. Roberto Maroni, il padre del patto violato dal fratellino cattivo, twitta dispiaciuto, ma mica tanto: “Se un amico come Tosi decide di cambiare strada, spiace. Perdi qualche cosa. Ma in democrazia ognuno sceglie il suo futuro”.