«Io non aspetto i tempi della giustizia», ammette senza colpo ferire il ministro dell’Interno Matteo Salvini annunciando la sua personale scorciatoia verso la chiusura di «tutti i negozi» che vendono cannabis light e il divieto di ogni festa o fiera legata alla canapa. La marijuana in sé però è quasi solo un escamotage, perché il capo del Carroccio con quella frase sta rispondendo ai suoi alleati/sfidanti del M5S, e in particolare al Guardasigilli Bonafede che sul caso Siri lo ha invitato a prendersi le «proprie responsabilità etiche» indipendentemente dal percorso giudiziario.

NON ASPETTA I TEMPI della giustizia, dunque, il leader del Carroccio, e figuriamoci poi quelli del Parlamento. Perché in 17 giorni – di qui alle elezioni europee – non si modifica certo la legge per effetto della quale sono nati in Italia «più di mille negozi di marijuana light, uno perfino vicino al Parlamento» (come li ha censiti a spanne Salvini).

Infatti, a meno che non nascondano tra gli scaffali dosi massicce di stupefacenti (al pari di qualsiasi altro esercente), gli shop nati per applicazione del decreto 242 del 2 dicembre 2016 recante «Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa», possono legalmente vendere tutti i prodotti derivati dalla pianta della canapa con basso contenuto di Thc (la cui produzione industriale in realtà non è mai stata illegale), psicotropa quanto il tè alla cannella.

NATURALMENTE l’uomo forte del Viminale lo sa bene, ma i tempi non gli permettono di muoversi sui binari del rispetto della verità. E così, al termine di un incontro con alcune comunità di recupero per tossicodipendenti insieme con il ministro per la Famiglia Lorenzo Fontana, si inventa l’ennesimo allarme, nella foga di distogliere l’attenzione sulle rogne del momento: «Io non aspetto i tempi della giustizia, la droga è un’emergenza nazionale devastante e dunque dobbiamo usare tutti i metodi democratici per chiudere questi luoghi di rieducazione di massa. Ora usiamo le maniere forti: da domani stesso darò indicazione a tutti i responsabili della pubblica sicurezza delle forze dell’ordine di andarli a controllare uno per uno, con l’obiettivo di chiuderli tutti, i presunti negozi turistici di cannabis. Che per quanto mi riguarda vanno sigillati, perché sono un incentivo all’uso e allo spaccio di sostanze stupefacenti».

Chissà cosa ne pensano i sindacati delle forze dell’ordine, già oberate in un territorio sotto scacco della criminalità organizzata e delle mafie che controllano i veri traffici di stupefacenti. Poco importa, il leghista Salvini serra la mascella e va avanti: «Identico approccio avrò per tutte le iniziative di feste delle cannabis in giro per l’Italia. L’ultimo scempio è avvenuto nella mia Milano, so che ci sono iniziative in programma a Pisa e a Torino. Chiederò che siano vietate tutte. Lo Stato spacciatore non è lo Stato di cui faccio il ministro».

COL PROIBIZIONISMO, si sa, si sfonda sempre una porta aperta, a destra ma anche nell’elettorato di centro. Niente di meglio per mettere in difficoltà i pentastellati. E infatti, nel rispondere al suo collega di governo, la ministra della Salute Giulia Grillo non usa i toni del presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra, esponente del suo stesso Movimento, che solo qualche giorno fa aveva detto di non escludere di poter arrivare nel corso di questa legislatura ad affrontare il nodo della legalizzazione della cannabis. «Nei canapa shop non si vende droga e non bisogna dare informazioni sbagliate – si limita a dire Grillo – Non c’è alcuna liberalizzazione. Sono negozi che vendono prodotti di canapa con concentrazione di Thc che non hanno effetti stupefacenti, come emerso anche dai controlli effettuati dai Nas. Tuttavia se, sulla base di indicazioni che darà il nuovo Consiglio superiore di Sanità e l’Avvocatura dello Stato, si deciderà di attuare delle azioni – ha aggiunto – come ministro della Salute posso dire che queste azioni andranno nella direzione di restrizioni di vendita alle categorie vulnerabili, cioè minori e donne incinte, secondo il principio di precauzione. Se poi il ministro Salvini, per caso è in possesso di informazioni che io non ho, allora bisognerà fare altri tipi di considerazioni».

Ma l’unica considerazione da fare, come fanno notare i Radicali italiani di +Europa, è «la guerra ai consumatori che lascia liberi i grandi trafficanti».