L’Italia non interverrà militarmente in Libia. Perché sarebbe di nessuna utilità ma anche perché significherebbe portare alle estreme conseguenze un confronto con la Francia già vicino al punto di rottura ma non perché Roma sottovaluti la gravità della situazione. L’ambasciata a Tripoli è mezza vuota e finirà presto di svuotarsi. Non chiude i battenti solo perché l’effetto mediatico e politico sarebbe devastante. L’Eni fa sapere che i lavori continuano ma certo non si lavora con animo tranquillo.

CON I SUOI 320MILA BARILI al giorno l’Eni, e di conseguenza l’Italia, rischiano il disastro e lo sanno perfettamente. Il colpevole, per il governo italiano, ha un nome e un cognome, Emanuel Macron. Per una volta Salvini, il presidente della Camera Fico e, dall’esterno della maggioranza persino il moderatissimo azzurro Tajani, parlano la stessa lingua: il responsabile del disastro è lui.

A destabilizzare la già ben poco stabile situazione in Libia sono le mire della Francia, che, parola di Tajani, vuole esercitare una egemonia assoluta sull’intero Paese. La nuova guerra civile libica si ripercuote sugli assetti dell’Europa e innalza una tensione già forte tra Italia e Francia. Lasciando la riunione del Consiglio dei ministri Salvini esclude spedizione armate ma soprattutto si lancia in una polemica con il governo di Parigi più che tagliente.

Non si limita agli ultimi eventi: torna a battere su quella spedizione armata del 2011 che è all’origine della crisi in cui si dibatte da allora il Paese e che fu di fatto imposta dalla Francia. E ancora la Francia, prosegue il ministro italiano, soffia oggi sul fuoco insistendo per confermare le elezioni in dicembre. «Evidentemente c’è dietro qualcuno: niente succede per caso. Temo che qualcuno, per motivi economici nazionali, metta a rischio la stabilità dell’intero Nord-Africa e dunque dell’Europa», attacca Salvini.

Chi? «QUALCUNO CHE È ANDATO a fare la guerra e non doveva farlo e ora fissa la data delle elezioni senza interpellare gli alleati».
L’allusione è chiara, ma poi, quando gli chiedono se ancora pensi che la Libia sia un «porto sicuro» il leghista diventa ancora più esplicito: «Chiedete alla Francia». Fico è dello stesso avviso: «È un problema che ci ha lasciato la Francia e di cui si deve fare carico l’Europa». Subito dopo, però, il presidente della Camera torna a prendere le distanze dal governo su tutto il resto: «Sono contrario ai lager creati da Minniti in Libia e i profughi della Diciotti dovevano scendere subito».

NEL SILENZIO DEL PREMIER, del ministro degli esteri, con la ministra della difesa che si esprime solo con un post Fb per dirsi del tutto d’accordo con Fico, confermare le responsabilità francesi e bocciare ogni ipotesi militare, è solo Salvini a dettare la linea. Esclusi gli interventi armati perché «non servono a nulla e dovrebbero capirlo anche altri». Massimo sostegno alle «autorità libiche riconosciute», cioè al governo Serraj. Più uno spot personale del tutto fuori luogo: «Sono pronto a tornare in Libia anche correndo dei rischi».

L’IRA DEL GOVERNO ITALIANO contro Parigi è sincera. La convinzione che a tirare i fili della nuova crisi sia Macron è unanime. Ma le accuse rivolte a Parigi hanno anche un fine politico: spingere l’Europa verso un intervento diplomatico, esercitando anche discrete ma sode pressioni sull’Eliseo, per risolvere la situazione prima che porti al crollo di Serraj, il leader su cui Roma ha puntato tutto e che ora sembra in balia di Haftar e delle forze sostenute invece da Parigi.

CHE IN BALLO CI SIANO ENORMI interessi per l’intera Italia è evidente. Ma se Fi limita la polemica nei confronti del governo, quella del Pd e di LeU è invece feroce. Delrio accusa il vicepremier di «cercare nemici invece di soluzioni». Boldrini replica alle certezze di Salvini sul ruolo della Francia: «Di certa c’è solo la sua incompetenza». Renzi segnala che Minniti andava in Libia una volta la settimana mentre Salvini «beve Mojito».

È la cifra della politica italiana, dove la polemica interna fa sempre premio su tutto. Ma una rotta della diplomazia italiana in Libia non colpirebbe in modo durissimo solo la maggioranza gialloverde.