Per il centrodestra arriva il primo momento della verità, e arriva nel massimo della tensione possibile. Più che una discussione sul che fare tra alleati il vertice notturno tra Berlusconi, Salvini e Meloni è un braccio di ferro di quelli che non possono concludersi con il pareggio. Sul tavolo ci sono le presidenze della camere, ma in prospettiva anche le possibili maggioranze politiche.

Salvini sa sin dal mattino che da Berlusconi si sentirà ripetere che al voto non si può tornare, che la stabilità va difesa a ogni costo. Sa che quel costo, secondo Berlusconi, dovrebbe essere prima la presidenza di una camera affidata al Pd, poi l’appoggio del Nazareno a un governo non presieduto dal leghista. Quindi da Strasburgo apre il fuoco ad alzo zero sin dal mattino: «Mai nella vita governerò con Renzi, visto che vogliamo fare il contrario di quello che vuole fare lui». Più possibilista con M5S, per la prima volta: «I programmi sono molto diversi, ma sicuramente non posso allearmi con chi ha male governato negli ultimi anni. Se devo tirare dentro chi la settimana scorsa è stato bocciato dagli italiani assolutamente no».

IL LEADER DEL CARROCCIO stempera la tensione negando che ci siano già stati rapporti con M5S per spartirsi le presidenze, ma poi la rinfocola parlando da leader dell’intera destra – «ascolterò come è mio dovere tutti ma prima incontrerò gli alleati» – cosa che per definizione manda su tutte le furie l’alleato d’Arcore che infatti prende malissimo l’intemerata.
In realtà i contatti tra Carroccio e 5S ci sono stati eccome. Sono fondamentali per replicare al martellamento di Berlusconi sulla necessità di allearsi con il Pd. Salvini risponde che per quanto lo riguarda non se ne parla nemmeno e anche sull’ipotesi di piazzare un forzista, Paolo Romani, alla presidenza del Senato chiude ogni spiraglio. Il passaggio di ieri su M5S, così come le iniziative diplomatiche segrete ma non troppo di questi giorni, mirano allo stesso obiettivo: chiudere Berlusconi in una strada senza uscita. Se negherà i suoi voti a un presidente della camera leghista, Salvini li cercherà trattando con Di Maio. Se si dovesse arrivare a un voto del centrodestra diviso sulle presidenze, che sancirebbe la fine della coalizione, il leghista, pur preferendo di gran lunga mantenere unita la destra, prenderà in seria considerazione l’ipotesi di una maggioranza di governo con i 5Stelle.

QUEL CHE RENDE PALESE il livello altissimo dello scontro è la sparata anti Ue di Salvini: «Se serve agli italiani ignoreremo il tetto del 3%. Un’uscita dell’Italia dall’euro improvvisa e solitaria è impossibile. Ma l’euro rimane una moneta sbagliata. Se da Bruxelles arrivassero solo dei no i nostri esperti stanno lavorando a un piano B». Un piano che a quel punto non potrebbe essere che la fuga dall’euro e non a caso Salvini si fa fotografare volentieri con Nigel Farage, l’uomo della Brexit. Impossibile immaginare parole meno gradite tanto ad Arcore quanto a Bruxelles, dove l’allarme intorno al caso italiano sta crescendo. Lo rivela senza perifrasi il ministro dell’Economia Padoan e scatena una vera rissa verbale tra Di Maio e l’intero Pd.

PIERCARLO PADOAN SI LIMITA a enunciare l’ovvio quando, al termine della riunione Ecofin che lunedì sera ha discusso a lungo del «caso italiano», racconta che «tutti hanno chiesto cosa succede in Italia e la mia risposta ovvia è stata che non lo so». Il ministro non rivela alcun elemento ignoto quando riporta le impressioni del commissario all’Economia Pierre Moscovici, che «ha parlato dell’Italia come un elemento di incertezza, cosa abbastanza ovvia da fare».
Il punto dolente, quello che scatena le ire di Di Maio e di converso provoca la levata di scudi generale del Pd in difesa del ministro, sta in quel che Padoan non dice e in tutta evidenza non ha detto neppure a porte chiuse ai ministri Ecofin. Non una parola rassicurante. Non un accenno alla solidità dell’Italia che può affrontare un situazione in fondo simile a quella attraverso cui sono già passate la Germania e a maggior ragione la Spagna.

Di Maio spara a zero: «È un irresponsabile. È come se dicesse: ’Ora che vado all’opposizione avveleno i pozzi’». Dal Pd si leva un coro in difesa del ministro, capitanato dal reggente Martina. Sfuma così il miraggio di un’alleanza tra il Pd e il Movimento 5 Stelle. A cancellare quello dell’asse destra-Pd provvede Salvini, arrivato ieri sera poco dopo le otto a palazzo Grazioli da Berlusconi, accompagnato da Giorgetti e precedendo di qualche minuto Giorgia Meloni con Larussa. La delegazione leghista è stata costretto a una lunga attesa davanti al cancello, sbarrato.