Quella di Salvini non è una boutade e non ci si deve fare ingannare dal diluvio di no, incluso quello immediato di Giorgia Meloni, che sembra averla affondata sul nascere. In realtà, invece, la disponibilità della Lega a un governo di unità nazionale per «traghettare il Paese al voto», annunciata dal leader leghista prima di essere ricevuto dal capo dello Stato, modifica radicalmente il quadro complessivo. Gli effetti, certo non subito ma nel tempo, ci saranno giocoforza.

IL LEGHISTA HA CONDITO la proposta con l’abituale dose di ruggiti e la ha mascherata da governo elettorale in carica al massimo per otto mesi: «Con Conte l’Italia affonda. Noi siamo disponibili a remare su una scialuppa di salvataggio per il tempo strettamente necessario. Questo governo non è adatto a gestire la normalità: figurarsi l’emergenza». Salvini, giurano i leghisti, non ha affrontato la questioncina con il presidente, limitandosi a protestare per l’inchiesta della procura di Pavia contro i medici dell’ospedale di Codogno e contro le parole di Conte, che quell’azione giudiziaria hanno innescato. In più, il capo della Lega avrebbe solo insistito per il rinvio del referendum.

Non è facile credere che il presidente e il leader leghista abbiano sorvolato su una faccenda come lo slittamento del primo partito italiano (nei sondaggi) dalla richiesta di votare subito a quella di un governo istituzionale, che ufficialmente dovrebbe restare in carica solo per otto mesi ma che invece arriverebbe di certo sino alla prossima primavera. È più probabile che, in via più o meno esplicita, Salvini abbia fatto capire che il suo confine temporale è il luglio del 2021, quando inizierebbe il semestre bianco precedente l’elezione del nuovo capo dello Stato nel quale non si può votare. L’importante è votare prima dell’elezione del successore di Mattarella.

NESSUNO HA RILANCIATO la proposta di Salvini, bersagliata anzi da una raffica di pollici versi. È significativo però che proprio Italia viva adoperi una formula molto diversa da quella degli altri componenti della maggioranza, tutti netti e tassativi. «Questa legislatura arriverà al 2023, piaccia o no a Salvini e Meloni», commenta Maria Elena Boschi e non a caso parla, ancora una volta, di legislatura ma non di governo. Le prospettive di Salvini e Renzi coincidono fino a che si tratta di sloggiare Conte e sostituirlo con un governo istituzionale, poi si divaricano perché Renzi non intende arrivare alle urne prima del semestre bianco.
In una situazione normale, le chance della proposta Salvini sarebbero molto vicine allo zero. Questa però tutto è tranne che una situazione normale e a mezza bocca persino qualche dirigente del Pd ammette che dire subito e con certezza un no definitivo, ove ci si trovasse di fronte a una crisi economica molto seria, non è possibile. Tutto dipenderà da due elementi, solo in parte intrecciati: la situazione economica e la capacità del governo di uscire con un’immagine credibile dall’emergenza sanitaria.

SUL PRIMO FRONTE ieri ha detto qualcosa, ma non molto, il ministro dell’Economia Gualtieri. Ha confermato che arriveranno presto, e probabilmente oggi stesso o domani, i due decreti di sostegno all’economia delle zone colpite: fondi per le casse integrazione, aiuti per le Pim e di certo anche per il turismo. Oltre l’emergenza immediata però Gualtieri non va. Ammette che una recessione non si può escludere, dal momento che «ora è impossibile fare stime precise». Ma ripete che «i conti pubblici sono in buona salute e i dati saranno migliori del previsto». In ogni caso l’Italia è pronta a fare ricorso a tutti i margini di flessibilità permessi dalle regole europee. Se basterà, l’offensiva politico diplomatica di Salvini non avrà possibilità. In caso contrario le cose potrebbero cambiare.

LA TENUTA DEL GOVERNO alle prese con il virus è altrettanto fondamentale. Ieri i ministri Di Maio e Speranza e i direttori dello Spallanzani Branca e Ippolito si sono rivolti, nella sede della Stampa estera, al resto del mondo: «È una crisi molto limitata. I nostri figli vanno a scuola: significa che possono venire anche turisti e imprenditori. Sono coinvolti 10 comuni su oltre 7mila». Se il tentativo di ovviare al pesante danno d’immagine inflitto al Paese nei giorni scorsi riuscirà dipenderà proprio dal numero dei comuni colpiti. Se non si accenderanno nuovi focolai, il governo Conte ne uscirà comunque a testa alta.