Alla fine Salvini, dopo tre di accesa discussione al consiglio federale, è stato costretto a convocare il congresso della Lega: il primo da quando (2019) il partito si chiama «Lega Salvini premier», nome che contiene in sé il padre-padrone. L’ultimo congresso vero risale al 2017, a Parma: erano gli anni della crescita esponenziale, e il Capitano sconfisse l’unico avversario, Gianni Fava, che esprimeva la linea tradizionale «Prima il Nord» (sostenuto da Maroni), contraria alla deriva di estrema destra.

DA ALLORA È PASSATA un’epoca. E adesso il leader è costretto a tentare di sopravvivere, dopo 11 anni alla guida del partito, sotto attacco in Veneto e non solo, mentre i voti nel centrosud scendono impietosi. E così giovedì sera, durante il federale, ha dovuto cedere alle richieste di un congresso vero, fissato per l’autunno, che sarà preceduto dai congressi regionali. Per ora non si ha notizia di potenziali sfidanti, ma i nomi non mancano, a partire da quello più gettonato: il governatore del Friuli Massimiliano Fedriga. Ma anche in Lombardia il clima è piuttosto agitato, e non solo per i tanti bossiani che hanno vita a mini-sigle senza grande appeal, dall’ex ministro Roberto Castelli, all’ex capogruppo Marco Reguzzoni fino a Giuseppe Leoni, uno dei fondatori.

IL FUTURO POLITICO di Salvini dipende soprattutto dall’esito delle europee: un risultato inferiore all’8% delle politiche sarebbe l’anticamera della fine. Anche perchè ormai anche tra i gruppi parlamentari la fiducia nel Capo è in discesa. Qualsiasi dato superiore, e ancor più la «doppia cifra» citata dal leader nel conclave di giovedì sera, gli darebbe margini di manovra: per ripresentarsi con buone chance di essere rieletto o, almeno, per cercare di pilotare la successione. L’obiettivo è cos’ importante da aver prodotto la nascita di un direttorio che affiancherà il leader nella stesura del programma, di cui faranno parte Giorgetti, il presidente della Camera Lorenzo Fontana, Fedriga e i capigruppo Romeo e Molinari. Oltre ad Alberto Bagnai e al fedelissimo Armando Siri.

UNA MOSSA CHE PUÒ essere letta in due sensi: la necessità di Salvini di tenere tutti sulla stessa barca, e dunque di poter considerare il risultato di giugno come collettivo. Ma anche il tentativo dei colonnelli di marcarlo a uomo, ad esempio sulle candidature. Non è un mistero che l’ipotesi di far correre il generale Vannacci piaccia praticamente solo al leader, vista anche la scarsità di posti (nel 2019 il Carroccio prese il 34%, quasi tutti gli eurodeputati uscenti torneranno a casa). Romeo l’ha detto in chiaro: «Tante idee del generale non sono condivise dalla nostra base e neppure io le condivido». Eppure è proprio il generale l’arma che il leader intende usare per sopravvivere alle europee. Tra gli eurodeputati uscenti è una corsa al «si salvi chi può”: Susanna Ceccardi, toscana, avrebbe chiesto di non avere tra i piedi figure ingombranti.

IN QUESTO CLIMA OGGI il leader terrà la sua convention ai Tiburtina studios di Roma, dal titolo Winds of change, con gli alleati dell’estrema destra europea. Un evento che finora ha fatto parlare più per le assenze illustri: non ci saranno i governatori del nord (Zaia al federale ha ribadito i suoi dubbi sulla collocazione all’estrema destra) e neppure la fedelissima dell’Umbria Donatella Tesei, e non ci sarà neppure il presidente della Camera.

Anche tra i parlamentari c’è stato bisogno di un forte pressing per evitare il fuffi-fuggi. Assenti anche gli alleati tedeschi di Afd, Marine Le Pen manderà un videomessaggio «di grande impatto», assicura Salvini, e ci sarà anche una delegazione del suo Rassemblement National. Parleranno il leader di Chega Andrè Ventura (Portogallo), gli europarlamentari Gerolf Annemans (Belgio) e Harald Vilimsky (Fpo, Austria) e Vivek Ramaswamy, imprenditore americano vicino a Trump.

Su alcuni punti la Lega è chiara: la vicinanza a Trump e l’ostilità verso Ursulala von der Leyen. Tema su cui Meloni appare invece piuttosto altalenante. Un bis della presidente Ue? «Un dibattito che non mi appassiona. Io aspetto di vedere come votano gli italiani prima di decidere chi debba fare cosa. Penso che l’Europa di domani debba essere molto diversa da quella di oggi».