Ogni anno, in questo periodo, Matteo Salvini è perseguitato dal fantasma del Papeete quando, in modalità dj e con il cocktail in mano, mise fine nel 2019 al governo giallo verde di cui era principale azionista. Intervistato ieri da Italia Report Usa, giornale della comunità italiana in Florida, il vice premier ha speso molte parole per rassicurare Giorgia Meloni sul fatto che il suo dinamismo di questi giorni non sia prodromo di un agguato.

Ha spiegato che la posizione in Europa della Lega non avrà «assolutamente alcuna ripercussione sul governo». «Eravamo già su posizioni diverse e continuiamo a esserlo», dice riferendosi al voto su von der Leyen e all’adesione al gruppo dei Patrioti, mosse che hanno contrariato la presidente del Consiglio. Ma questo, specifica, riguarda le strategie europee, non il nostro Paese che ha «un governo che gli italiani si sono scelti e che andrà avanti per tutti e 5 gli anni». Il fatto che dica contemporaneamente la stessa frase anche al Secolo XIX probabilmente avrà fatto venire a Meloni il legittimo sospetto che dietro tutte queste esternazioni («Con Giorgia mi trovo benissimo, è molto brava e sta lavorando con grande impegno e ottimi risultati»), ci sia la nota tattica renziana dello stai sereno. Anche perché intanto le regioni a guida leghista hanno aperto un fronte interno contro il ministro della Salute Schillaci sul decreto Liste d’attesa perché incompatibile con l’autonomia differenziata.

Salvini ha anche lanciato un assist a Elon Musk nella sua crociata contro la Commissione Ue, che gli contesta la violazione del Digital Services Act: «Sarebbe gravissimo se le accuse di Musk fossero vere. Basta con l’Europa del bavaglio e della censura. Viva la libertà di espressione» scrive su X, il social di proprietà del miliardario. L’intervista alla testata italo americana è anche l’occasione per Salvini di accreditarsi ulteriormente agli occhi di Donald Trump. Salvini è personalmente fan del tycoon e come tale si esprime: «Ci siamo sentiti non più tardi di qualche settimana fa. Io non ho mai nascosto la mia simpatia umana e la mia sintonia culturale per Trump». Ribadisce anche che il suo viaggio autunnale negli Stati Uniti sarà sia istituzionale che politico per non far mancare il sostegno ai Repubblicani con i quali è in sintonia su «famiglia, sicurezza, lotta all’immigrazione clandestina, contrasto al fanatismo islamico e allo strapotere cinese». E soprattutto sul tema (strumentale) «della pace che le amministrazioni repubblicane nella storia hanno sempre accompagnato».

Parlando dell’ex presidente Usa, Salvini tenta ancora una volta di appropriarsi dell’«eredità» berlusconiana, dopo lo zelo dimostrato con l’intitolazione di Malpensa al cavaliere. Le vicende giudiziarie di Berlusconi ricordano al leghista «ciò che sta subendo Trump. La sinistra è uguale in tutto il mondo, a Washington, Parigi, Roma. Se perde le elezioni prova a vincerle in tribunale o in Tv». Poi si ricorda di essere anche ministro dei Trasporti, ma forse non di quale paese: nella prospettiva di possibili investimenti degli Usa sulla rete ferroviaria, Salvini offre a Washington il sistema dell’Alta velocità italiano. «Ne ho parlato con la collega americana al G7 dei trasporti, abbiamo sistemi infrastrutturali all’avanguardia, ingegneri di eccezionale livello».
Incurante delle cronache italiane delle ultime settimane che riportano deragliamenti, blocchi continui sulla tratta Roma Firenze, convogli fermi nelle campagne per ore senza aria condizionata e con i progetti Av destinati a Sicilia e Calabria congelati per la costruzione del ponte sullo Stretto, dichiara: «Conto che l’esperienza ferroviaria italiana possa essere apprezzata anche dagli amici oltreoceano».