È probabile che a Sergio Mattarella non abbia fatto alcun piacere essere trascinato nella disfida sul dl sicurezza, pericolosamente al limite di un involontario ma deflagrante ingresso nella campagna elettorale. Nella notte dell’ennesimo tempestoso consiglio dei ministri, tra lunedì e martedì, Conte, non riuscendo più a reggere l’impatto di un Salvini determinato a portare a casa il suo provvedimento-bandiera elettorale a ogni costo, non ha trovato altro riparo che brandire i dubbi del Colle sulla costituzionalità del decreto.

NON È RIMASTO un accenno isolato. Al contrario, ha dato la stura a una valanga di dichiarazioni pentastellate, da Di Maio in giù, tutte sullo stesso tono. «Se qualcuno vuole scatenare la guerra contro il Colle si accomodi», va giù papale Di Maio e come se non bastasse parla di una «interlocuzione in corso con il Quirinale» dal cui esito dipende la convocazione o meno del consiglio dei ministri reclamato da Salvini, quello che dovrebbe approvare la terza versione del dl sicurezza, messa a punto ieri proprio con l’intento di risolvere i dubbi di incostituzionalità.

Quei dubbi Mattarella li nutre davvero. Le parole del premier e dei 5S corrispondono a pura verità. Ma proprio perché i limiti del testo erano così clamorosi, al Quirinale ritengono che si sarebbe potuto, e forse dovuto, metterli direttamente in campo senza farsi scudo del Colle in piena campagna elettorale. L’estrema cura del presidente per la correttezza è nota. Avrebbe preferito non trovarsi quasi coinvolto nella sfida elettorale a un passo dall’apertura delle urne. Ma i 5S non hanno altra trincea e si appigliano al suo ruolo istituzionale. Ieri le agenzie avevano annunciato il ricevimento di Conte sul Colle, notizia poi smentita ma l’incontro potrebbe esserci davvero oggi. E’ anche questo un passaggio azzardato: potrebbe dare l’impressione che a decidere sulla convocazione o meno del cdm stasera stessa o al più tardi domani sia Mattarella e non Conte.

IL LEADER LEGHISTA comunque non ha alcuna intenzione di frenare l’impeto. E’ convinto che dopo la limatura di ieri il dl, pur se ancora durissimo, ai confini dello Stato di polizia e forse oltre, sia comunque costituzionalmente ineccepibile. Non è chiaro se il ministro degli Interni voglia presentare il dl al presidente prima di domenica – il che metterebbe Mattarella in una situazione scomoda, costringendolo a decidere se firmarlo o meno alla vigilia del voto – o più tardi. Ma sulla richiesta di approvazione immediata non c’è ombra di dubbio. Come non c’è dubbio sull’intenzione di Conte e dei 5S di rinviarne l’approvazione.

Un’arma preziosa la ha offerta ieri a Conte il ministro dell’Economia Tria, affermando che «le coperture per il decreto famiglia al momento non ci sono». Infatti non si possono usare i fondi risparmiati per il Reddito di cittadinanza dal momento che «se si spenderà meno del preventivato lo si saprà solo a fine anno». In base alla regola non scritta ma ferrea per cui i soci devono procedere sempre appaiati, l’impossibilità di approvare oggi o domani il dl su cui puntano i 5S dovrebbe impedire il varo anche del dl sicurezza.

MA SI TRATTA APPUNTO di una regola non scritta e il gioco si è fatto ormai troppo duro perché Salvini non insista comunque e con toni ultimativi. Senza contare che l’aiuto di Tria è un frutto avvelenato. Il ministro ha infatti aggiunto che gli 80 euro di Renzi sono «tecnicamente sbagliati» e dunque «verranno riassorbiti» nella futura riforma fiscale. Cioè nella Flat Tax, che secondo il ministro «si può fare a patto di assumere decisioni conseguenti sul piano della spesa». Parole che scatenano immediate reazioni dei 5S: «Come può il ministro dire che non ci sono coperture per il dl Famiglia e poi dire anche che si può fare la Flat Tax. Trovare le coperture è suo compito e se vuole gli spieghiamo noi come fare», attacca una nota anonima. Il sottosegretario Di Stefano è perentorio: «Tria deve aiutare. Non ostacolare».

A quattro giorni dal voto, è del tutto incerto se il cdm si riunirà di nuovo e se approverà i decreti reclamati dai soci. Ma è anche più incerto se dopo il voto, in questo clima di guerra di tutti contro tutti, il governo potrà andare avanti oppure no.