Una impressionante diminuzione media in tutto il mondo dal 1970 ad oggi: secondo l’edizione 2022 del Living Planet Report, il rapporto biennale del Wwf Internazionale sulla salute del Pianeta la cui edizione italiana è stata presentata nella sede del Cnel di Roma lo scorso 13 ottobre, le popolazioni di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci monitorate dagli studi riportati nel Report sono calate in media del 69%.

Il Report, attraverso il Living Planet Index della Zoological Society of London che analizza quasi 32.000 popolazioni di 5.230 specie di vertebrati, ha evidenziato come, in particolare nelle regioni tropicali, l’abbondanza delle popolazioni di vertebrati selvatici monitorati stia crollando a un ritmo sconcertante: tra il 1970 e il 2018 le popolazioni di fauna selvatica monitorate in America Latina e nei Caraibi sono diminuite in media del 94%. In circa 50 anni, a livello globale, le popolazioni d’acqua dolce monitorate sono diminuite in media dell’83% a causa della perdita di habitat; le popolazioni dei delfini rosa di fiume dell’Amazzonia sono crollate del 65% tra il 1994 e il 2016 nella Riserva di Mamirauá nello stato brasiliano di Amazonas; i gorilla di pianura registrano tra il 1994 e il 2019 un declino stimato dell’80% nel Parco nazionale di Kahuzi-Biega della Repubblica Democratica del Congo; i cuccioli di leone marino dell’Australia meridionale e occidentale sono diminuiti di due terzi tra il 1977 e il 2019.

Di fronte a questo drammatico stato di salute della natura è necessario che i governi, sotto la spinta dell’opinione pubblica, si attivino immediatamente per invertire la perdita di biodiversità che, insieme all’emergenza del cambiamento climatico, minaccia il benessere delle generazioni attuali e future: a dicembre a Montreal in Canada si svolgerà la XV Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica, un’occasione unica per correggere la rotta per il bene delle persone e del Pianeta.

È l’uomo, infatti, il maggiore responsabile di questa perdita di natura. Le principali cause del declino delle popolazioni di fauna selvatica sono da ricercarsi nei mutamenti nell’uso del suolo e delle aree marine, nel cambiamento climatico, nell’inquinamento, nelle specie aliene invasive, nelle minacce provenienti da agricoltura, caccia e bracconaggio e nella deforestazione: è necessario agire ora e nel farlo, come chiarisce il Report, non si può fare a meno del ruolo fondamentale dei popoli indigeni e delle comunità locali che devono essere protagonisti di questo cambio di passo.

«Per invertire la perdita di natura e garantire un futuro più sicuro e sano per tutti è indispensabile dimezzare l’impronta globale di produzione e consumo entro il 2030», ha sottolineato Luciano Di Tizio, presidente del Wwf Italia, durante la presentazione del Report. «Anche per questo il Wwf Italia ha fatto proposte concrete che Parlamento e Governo dovranno porre al centro dell’agenda politica: entro un anno serve una legge sul clima, una legge per contrastare il consumo di suolo e un Codice della Natura».