Settemila persone, domenica scorsa, hanno camminato in Lessinia in silenzio, in segno di rispetto per la natura e di chi ci vive, per dire no al taglio di 1.700 ettari dei 10.200 che costituiscono il Parco naturale regionale che si estende sui territori di tredici comuni del veronese e due del vicentino. Nei cinque chilometri che separavano Conca dei Pàrpari a San Giorgio in provincia di Verona, dove ha avuto luogo la marcia, nessuna bandiera, nessuno slogan, ma un fiume di singoli cittadini, famiglie, appartenenti alle 124 associazioni che hanno aderito all’iniziativa ed esponenti dei partiti che si battono in consiglio regionale affinché il disegno di legge sul taglio del parco non trovi luce.

TUTTI INSIEME PER RISPONDERE ALL’APPELLO di Alessandro Anderloni, regista e direttore artistico del Film festival della Lessinia, di Barbarea Crea, allevatrice di ovicaprini della zona, e di Francesco Sauro, speleologo e geologo, che la Lessinia è affare di tutti.
A Stefano Valdegamberi, uno dei consiglieri regionali promotori delle modifiche di legge sul parco, la marcia non è piaciuta, tanto che con un comunicato ha fatto sapere che si è assistito «in Lessinia a un linciaggio di massa contro la riserva indiana dei pochi montanari sopravvissuti a difendere il loro territorio e l’ambiente. Un atto di arroganza sociale del peggiore ambientalismo da salotto, strumentalizzato dalla sinistra politica, dimenticandosi che domani mattina a difendere l’ambiente ci saranno solo loro, i montanari, non quelli che vanno a manifestare».

GLI ANTEFATTI. UNA «GUERRA» CHE HA AVUTO inizio nel luglio dello scorso anno quando tre consiglieri regionali di maggioranza – Enrico Corsi e Alessandro Montagnoli della Lega e Stefano Valdegamberi, gruppo misto-Tzimbar Earde – presentano una proposta di legge che prevede la riduzione di poco meno del 17% della superficie totale del Parco della Lessinia, da trasformare in «aree contigue» nelle quali diventerebbe possibile la caccia al cinghiale, ma più in generale verrebbero a cadere gli attuali vincoli. Al loro fianco si schierano i sindaci dei comuni dell’altopiano e associazioni di agricoltori e allevatori che vedono in questo provvedimento la possibilità di contrastare l’abbandono di quelle zone. Ai primi di dicembre 115 associazioni scrivono una lettera a Luca Zaia, e ad altri esponenti politici regionali, esprimendo la loro preoccupazione per una modifica della legge che è accompagnata da una relazione di sole due pagine e senza i necessari approfondimenti. «Non è chiaro – si legge nella lettera – quale sia il nesso tra la riduzione dell’area protetta del parco e i danni provocati dalla presenza del cinghiale a cui si fa riferimento nella relazione… Prelievi e abbattimenti possono essere effettuati con la normativa vigente anche dentro l’area del Parco per iniziativa, sotto la responsabilità e la sorveglianza dell’ente gestore, da parte del suo personale dipendente o da altro personale da esso autorizzato».

IL 16 GENNAIO SCORSO L’ITER LEGISLATIVO subisce un’accelerazione quando la seconda Commissione del Consiglio regionale Veneto approva la proposta di legge appena dopo aver ascoltato le osservazioni alcune associazioni contrarie all’operazione, i sindaci e le associazioni di cacciatori, allevatori e coltivatori. Un colpo di mano, denuncerà Andrea Zanoni, vicepresidente della Commissione ed esponente del Pd. «Il presidente Francesco Calzavara è voluto andare subito al voto, una forzatura mai vista, quando Italia Nostra e Legambiente avevano consegnato due documenti e, a norma di regolamento, doveva essere dato il tempo necessario per approfondire le novità emerse dalle audizioni».

Ma la conseguente sollevazione da parte di molte associazione regionali e nazionali ha messo in imbarazzo più di qualcuno tanto che il presidente della seconda Commissione decide che prima di concludere l’esame del progetto di legge è opportuno acquisire il parere anche della Comunità del Parco della Lessinia.

Quali i danni per l’ambiente dalla riduzione della superficie? «La triste realtà – afferma Mario Spezia, presidente dell’Associazione Il Carpino di Verona – è che il Parco della Lessinia, decurtato dei vaj e altre zone decisamente interessanti dal punto di vista naturalistico, storico, architettonico e paesaggistico ha poco senso di esistere. Le aree che vengono tolte non sono né marginali né secondarie rispetto all’intera area del parco, anzi ospitano probabilmente la parte più rilevante e più interessante della biodiversità vegetale e animale. Inoltre costituiscono tre essenziali corridoi ecologici che collegano l’area collinare con l’area montana, corridoi vitali per l’avifauna, ma anche per molti mammiferi e per alcune specie vegetali». Spezia poi pone l’accento sul fatto che «c’è anche una evidente contraddizione fra la legge quadro nazionale sui parchi e questa proposta di legge regionale. La funzione che viene assegnata alle aree contigue nella legge quadro sui parchi del 1991 è ben diversa da quella utilizzata nella proposta di legge votata in Regione. In quella nazionale le aree contigue sono delle zone cuscinetto, buffer zone, da posizionare all’esterno dell’area del parco con la funzione di attenuare l’impatto di eventuali aree produttive o pesantemente inquinate sull’area del parco». E ancora.«Nella proposta di legge regionale vengono trasformate le aree più interessanti per presenza di specie vegetali e animali e per valore storico-paesaggistico, in aree contigue, esterne al Parco».

SULLA QUESTIONE E’ INTERVENUTO ANCHE il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, dicendosi preoccupato «all’idea che in Lessinia si debba diminuire la tutela della biodiversità attraverso una riduzione del parco. Oggi come non mai bisogna investire sul verde». E pensare che per fine gennaio era in programma in Lessinia la celebrazione dei trent’anni dall’istituzione del parco.