Una giornata vertiginosa e frenetica: impossibile seguire tutte le riunioni che si susseguono ovunque. Alla fine della giornata, dopo un vertice con il ministro dello Sviluppo Patuanelli nel quale spunta anche Conte, prima di correre alla Protezione civile per l’ennesimo vertice tecnico sulla gestione delle misure decise sabato per decreto, il ministro dell’Economia Gualtieri annuncia che il decreto che sospende il pagamento delle tasse nella «zona rossa» è pronto. Sono 11 comuni, potrebbero aumentare nei prossimi giorni. E’ solo un primo passo. Lo stesso Gualtieri annuncia infatti ulteriori misure che verranno decise in via definitiva nei prossimi giorni «sulla base dell’evoluzione del quadro complessivo».

Di certo nel pacchetto ci sarà la sospensione delle rate dei muti, già concordata con l’Abi, ma restano da definire nei dettagli le misure a sostegno delle casse integrazione e soprattutto delle piccole e medie industrie. Perché l’emergenza è doppia: il versante sanitario ovviamente prevale ma il virus aggredisce con virulenza anche maggiore l’economia. Ieri la borsa ha perso il 5,4% e a tratti, in giornata, era andata anche peggio. «E’ presto per valutare le conseguenze sull’economia», taglia corto Gualtieri. Ma Conte è palesemente allarmato: «L’impatto potrebbe essere fortissimo». Il colpo è infatti arrivato comunque, poi molto dipenderà dagli esiti della strategia messa in campo dal governo per limitare il contagio ed evitare che si estenda anche in altre aree del Paese.

Contenimento. La parola magica, al ministero della Sanità, a palazzo Chigi e in tutte e le sedi del governo è questa. Contenere il contagio in modo che non dilaghi. Se le misure attuate per decreto avranno l’effetto desiderato lo si capirà meglio solo tra un paio di giorni ma ieri sera, al ministero della Sanità, circolava un cautissimo ottimismo. Basato sulla progressione del contagio: per la prima volta in tre giorni non è stato esponenziale. E’ presto per tirare anche un piccolo sospiro di sollievo, al ministero sono molto più che cauti ma che ci sperino è evidente. Se stasera il trend sarà confermato qualche pallido sorriso in più spunterà. «Si prevede un impatto positivo ma siamo molto prudenti», procede con i piedi di piombo Conte.

Altre misure arriveranno, ma anche in questo caso tutto dipenderà dall’evolversi della situazione. Il ministero dell’Istruzione, ieri, aveva proposto l’interruzione delle gite scolastiche e di tutte le iniziative esterne agli istituti ma anche la possibilità di derogare alla norma che impone almeno 200 giorni di lezione per non invalidare l’anno scolastico.

A palazzo Chigi non è sembrato abbastanza: ieri sera il nuovo testo del decreto sulle scuole non era ancora pronto. Atteso anche il decreto annunciato dal ministro Spadafora, che imporrà di giocare le partite a porte chiuse. E’ stato sospeso l’esame per i medici chirurghi, fissato per il 28 febbraio e decisa la presenza di presidi medici nelle sedi della Pa. Per ora almeno non è invece in discussione il rinvio del referendum del 29 marzo e il governo ha escluso tassativamente le voci su una possibile sospensione del trattato di Schengen. Ma su quel fronte l’ultima parola non spetta al governo italiano, che sta cercando in ogni modo di evitare che la decisione venga presa nonostante l’opposizione di Roma.

In realtà ieri è emersa anche una terza emergenza. Senza una cabina di regia, che dovrebbe essere istituita oggi, il rapporto con le Regioni è scivolato nel caos. Conte è andato su tutte le furie per le scelte autonome della Regione Marche, che aveva deciso di chiudere le scuole, e della Basilicata, che intendeva mettere in quarantena i cittadini provenienti dalle regioni del nord. Conte si è imbufalito, ha bloccato le ordinanze e lanciato un monito chiaro: «Non è possibile che le Regioni vadano in ordine sparso perché le misure rischiano di diventare dannose». Oggi ministri e governatori si incontreranno per evitare il caos di ieri. Poi un decreto recepirà gli accordi già raggiunti, che garantiscono comunque i servizi pubblici essenziali.

Sul fonte strettamente politico, il virus ha di fatto congelato la situazione portando a una relativa sospensione delle ostilità. L’opposizione aveva chiesto di sospendere la discussione generale sulle intercettazioni, alla Camera, per passare subito ai decreto sull’emergenza Coronavirus. Governo e maggioranza hanno risposto picche limitandosi ad accelerare i tempi, Fi e FdI hanno protestato ma senza esasperare i toni. L’eccezione è Salvini: anche ieri ha invece caricato a testa bassa, tornando a chiedere che «qualcuno si dimetta». Durissimo e laconico il commento del premier: «Salvini ha l’obbligo di non dire sciocchezze e di non speculare. Qualcuno dovrebbe pagare per gli attacchi strumentali».