Nella giornata di ieri sono state registrate 464 vittime di Covid-19, cioè 27 più del giorno precedente. Il numero dei nuovi casi nelle ultime 24 ore è di 2.646, oltre 700 in meno del giorno prima. In totale, i morti registrati dall’inizio dell’epidemia sono 25.549 e le persone positive 18.973. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, uomini e donne hanno contratto il virus in percentuali molto simili (51,2% e 48,8%). Nei primi giorni lo squilibrio era più netto e questo aveva fatto ritenere che per ragioni biologiche gli uomini fossero più suscettibili al coronavirus.

Secondo il capo della protezione civile Angelo Borrelli «i dati sono particolarmente confortanti: il numero di dimessi e guariti supera il numero di nuovi casi nel Paese». Ora ci sono meno di 107mila persone positive in isolamento domiciliare o ricoverate, e la cifra cala per il quarto giorno consecutivo. L’elevato numero sia dei deceduti che dei guariti ha liberato in un giorno quasi mille posti letto in ospedale, di cui 117 in terapia intensiva. Ora nei reparti per i pazienti gravi ci sono 2.267 persone. I posti di terapia intensiva in Italia sono poco più di cinquemila a regime, cioè escludendo i reparti creati durante l’emergenza che in gran parte verranno riconvertiti alla loro funzione originale quando l’epidemia lo consentirà.

IN LOMBARDIA E PIEMONTE, le regioni più colpite, si sono registrate 200 e 71 vittime rispettivamente, in linea con la media dei giorni scorsi. Ma non accenna a scendere il numero dei nuovi casi della Lombardia, ancora oltre il migliaio in 24 ore. Quasi dimezzate, da 784 a 401, le positività registrate in Piemonte.

Sono questi i dati comunicati alla conferenza stampa che ha tenuto ieri la Protezione Civile e a cui ha partecipato anche il presidente del Consiglio superiore di sanità e membro del Comitato tecnico scientifico Franco Locatelli. «L’indice di contagiosità, il famoso R, è oggi tra lo 0,5 e lo 0,7, tenendo conto delle differenze regionali», ha detto Locatelli, ricordando che la diffusione tende a esaurirsi quando R scende sotto il valore 1. All’inizio dell’epidemia R valeva 3, ma non è un calo naturale e irreversibile: è probabile che R torni a salire dopo il 4 maggio, sperabilmente entro il livello di guardia.

IL TIMORE SPINGE il Comitato a chiedere a Conte che le scuole rimangano chiuse fino a settembre. «Nei modelli sviluppati una riapertura delle scuole in concomitanza con il ripristino delle attività lavorative avrebbe comportato certamente l’andare oltre, e non di poco, il valore di 1 per l’indice di contagiosità. Abbiamo consegnato questa valutazione al Governo a cui spettano le decisioni».

La fine anticipata della scuola non potrà essere festeggiata a dovere da bambine e bambini, e rappresenterà un problema ulteriore per l’organizzazione familiare perché ai più piccoli saranno vietate anche le tipiche occupazioni estive: «scordiamoci i campi estivi e scordiamoci gli oratori, questo deve essere chiarissimo» ripete Locatelli rimettendo i panni professionali del pediatra.

COME MOLTI ALTRI ESPERTI, Locatelli è prudente sulla riapertura prevista fra dieci giorni. «La data del 4 maggio non è ‘liberi tutti’. Va considerata una gradualità». Gli spostamenti saranno limitati dai confini regionali, tenendo però conto che c’è chi deve attraversarli ogni giorno: «È chiaro che magari qualche piccola eccezione, per chi vive ai confini di una regione e lavora in quella limitrofa potrà essere largamente considerata e messa in conto».

La prudenza di Locatelli si estende ai test sierologici, che cercano gli anticorpi nel sangue e potrebbero dimostrare l’acquisizione dell’immunità al Covid-19 da parte dell’organismo. «L’eventuale presenza di anticorpi non necessariamente vuol dire immunità protettiva e soprattutto non sappiamo per quanto tempo perdura» spiega. «Un soggetto positivo domani mattina non è detto che rimanga tale a settembre».