C’è un universo, quello penitenziario, dove la paura del contagio si soffre all’ennesima potenza, perché nei carceri italiani non c’è possibilità di igiene, né di distanziamento. Allo stesso tempo, il virus sembra l’unica via di fuga da un lockdown che può portare dritto alla follia. Da quando la curva dei positivi Covid è tornata a crescere, infatti, le carceri (che non erano mai state riaperte completamente neppure durante l’estate scorsa) sono state progressivamente richiuse: niente visite, nessun volontario, niente scuola. Neppure in Dad, perché sono pochissimi gli istituti attrezzati a sufficienza (nel Lazio, il consiglio regionale ha approvato l’emendamento alla legge di stabilità proposto da Alessandro Capriccioli di +Europa che stanzia 600mila euro per la digitalizzazione e il potenziamento delle dotazioni telematiche nelle carceri).

Ecco perché in qualche istituto, come nel romano Nuovo complesso di Rebibbia, dove si è sviluppato un focolaio di 31 positivi, ieri mattina e il giorno precedente alcuni detenuti hanno inscenato per qualche ora una protesta, subito rientrata.

Stando ai dati del ministero di Giustizia, i detenuti positivi al Covid-19 in tutto il territorio nazionale sono attualmente 624 di cui 26 ricoverati in ospedale. Tra il personale di polizia penitenziaria ci sono 647 positivi, di cui 14 ricoverati, 61 invece i nuovi casi tra il personale amministrativo. Nuovi focolai si sono sviluppati anche nel carcere di Palermo, con 31 malati. E negli istituti della Campania «sono in aumento tra i detenuti i contagi a Secondigliano, con 65 unità e 3 ricoverati, una contagiata a Pozzuoli e 3 contagiati a Salerno. A livello regionale invece, vi sono oggi (ieri, ndr) 58 contagiati tra agenti di polizia e operatori penitenziari», secondo la denuncia del garante regionale Samuele Ciambriello che chiede di procedere «periodicamente, almeno ogni 20 giorni, ad uno screening per la popolazione detenuta, per operatori sanitari e penitenziari».

Dal Lazio, dove si contano un centinaio di contagiati tra i reclusi, il garante regionale Stefano Anastasia rinnova «l’appello alla riduzione del numero dei detenuti e alla tempestiva vaccinazione di detenuti e operatori. Nonostante le autorevoli indicazioni del procuratore generale Salvi, in carcere sono ancora numerose le persone in attesa di giudizio, anche per reati non violenti, di cui sarebbe auspicabile la immediata scarcerazione».

Con lo stesso obiettivo, la radicale Rita Bernardini, aveva ripreso lo sciopero della fame dopo una breve interruzione quando era stata ricevuta dal premier Conte. Ieri però ha comunicato di aver interrotto di nuovo la sua azione nonviolenta «per mancanza di interlocutori politici», causa crisi governativa. Insiste anche il sindaco di Bergamo Giorgio Gori che, insieme alla direttrice del carcere cittadino Teresa Mazzotta e alla Garante dei detenuti Valentina Lanfranchi, ha scritto una lettera al commissario Domenico Arcuri perché disponga di «vaccinare con urgenza detenuti e personale penitenziari».