La maggioranza ieri ha rischiato di andare sotto sul tema del salario minimo alla commissione Politiche Ue del Senato. Partito democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi Sinistra e Azione hanno presentato un emendamento alla legge di delegazione europea. Il testo è stato messo ai voti senza il parere espresso, precedentemente, dal governo e senza le dichiarazioni di voto e bocciato con 8 voti a 7. Il fatto che si sia rivelato determinante il voto del presidente della commissione, il senatore Giulio Terzi di Fratelli d’Italia ha suscitato le proteste delle opposizioni. Nel frattempo, dalla maggioranza hanno convocato in fretta e furia due leghisti per ristabilire le proporzioni.

Da lì si è generato un parapiglia e la commissione non ha potuto portare a termine l’esame della legge, che riprenderà quest’oggi. Resta da votare anche un emendamento sulla cosiddetta «legge bavaglio», proposto dal Pd e accantonato.

La proposta di modifica respinta ieri prevedeva che il trattamento economico minimo orario stabilito nei contratti di lavori «non possa essere inferiore a 9 euro lordi». «Gravissimo vulnus, mancanza assoluta di terzietà – scrive su X il senatore dem Filippo Sensi – Il voto è fantasma». «Il voto del presidente è legittimo ma non opportuno – sottolinea Marco Lombardo, senatore di Azione – perché viola la terzietà del ruolo del presidente di commissione». Lombardo prosegue: «Peccato anche per le assenze nei banchi delle opposizioni perché avremmo potuto sovvertire il voto e dare un segnale importante per tantissimi cittadini che lavorano sotto la soglia minima di 9 euro. Ma non ci arrenderemo perché sono convinto che presto la Commissione europea avvierà una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia dichiarando l’inadempimento rispetto al tema del lavoro povero». «È stata una forzatura – concordano i membri M5S della commissione Dolores Bevilacqua e Pietro Lorefice – Si tratta di uno schiaffo a quasi 4 milioni di lavoratori poveri».