Dopo il congelamento che ha coinvolto lo scorso anno tutto il paese, il 2021 sta registrando un’ondata di aumenti del salario minimo. Iniziata con province meno strategiche come Heilongjiang, Shaanxi e Jiangxi, è toccato poi alle grandi metropoli: il salario minimo mensile di Shanghai ha beneficiato di un aumento di 110 yuan, passando da 2.480 a 2.590 yuan (337 euro). Nello stesso periodo la città settentrionale di Tianjin ha raggiunto i 2.180 yuan (283 euro) e, dal primo agosto, Pechino regolerà il proprio livello da 2.200 yuan a 2.320 yuan (302 euro), con un aumento di 0,7 yuan all’ora.

Secondo la legge in vigore dal 2004, le autorità provinciali hanno l’autonomia di calcolare i livelli di salario minimo sulla base di una serie di parametri quali il costo della vita locale o lo stato dell’occupazione. Il lasso di tempo tra un aggiustamento e l’altro non dovrebbe superare i due anni, ma dalla crisi finanziaria globale del 2008 la situazione è mutata.

Per non minare la competitività economica, i governi locali avevano scelto di congelare i salari minimi per oltre un anno, fino ai primi mesi del 2010. Da allora sempre più province aggiornano i piani regolatori ogni tre anni e il divario economico si è acuito: il salario minimo in Cina nella maggior parte dei casi non supera il 25% di quello medio, malgrado la media internazionale riporti percentuali che vanno dal 40-60%.

Già nel 2019, a causa del rallentamento della crescita economica, la ong Hong Kong China Labour Bulletin denunciava la riluttanza della maggior parte delle province a rilasciare nuovi piani regolatori, uno scenario che si è esasperato durante la crisi pandemica: nel 2020, infatti, le autorità di grandi metropoli come Pechino, Shanghai e Shenzhen avevano dichiarato che non ci sarebbero stati cambiamenti almeno fino alla fine dell’anno.

Gli aumenti di quest’anno sono un sospiro di sollievo per la forza lavoro cinese, visti gli effetti immediati che aggiustamenti di questo genere sembrano avere sulla retribuzione effettiva dei lavoratori a basso reddito: all’agenzia di stampa ufficiale Xinhua Xia Xianmei, impiegata nello Jiangxi come collaboratrice domestica, dice di aver notato sin da subito un aumento di più di cento yuan del suo salario, e maggiori entrate per gli straordinari. Questo perché è sul livello del salario minimo che si calcolano le quote di straordinari, disoccupazione per i dipendenti, indennità di assicurazione e congedo per malattia.

Sempre a Xinhua, un funzionario locale dell’Ufficio per le risorse umane e per la sicurezza sociale ha detto che il salario minimo “serve ad alleviare il divario di reddito e promuovere una distribuzione equa”, in quanto garantisce una compensazione minima mediante la quale il lavoratore può soddisfare i bisogni di base. Ma nella maggior parte delle città il livello attuale è appena sufficiente a coprire i costi di alloggio, trasporto e cibo.

Spesso, inoltre, le aziende non garantiscono la retribuzione minima. Qualche anno fa, ad esempio, aveva fatto scalpore le dichiarazioni di uno dei giganti dell’e-commerce, JD.com, di voler eliminare il sistema salariale vigente basato su una paga fissa di base integrata con le commissioni. Il fondatore e CEO Richard Liu Qiangdong aveva spiegato che tale sistema “non è più adatto al nuovo modello” della Jingdong Logistic, la società di consegna di JD, e promuoveva, invece, un sistema di compensazione basato totalmente sulle commissioni.

Nel complesso, le aziende in Cina si dicono preoccupate che l’ondata di aggiustamenti salariali potrebbe aumentare il costo del lavoro. Il Guangdong, da sempre hub manifatturiero di estrema importanza per il paese, nello scorso aprile ha formato un rapporto di valutazione preliminare allo scopo di “eliminare i difetti del sistema che ostacolano la mobilità del lavoro” e valutare gli effetti del salario minimo.

A questo proposito, a fine maggio il Congresso del Popolo di Shenzhen ha emesso un nuovo regolamento per favorire la riduzione dei costi del lavoro e favorire la ripresa economica: oltre a misure come la possibilità per i datori di dilazionare i pagamenti fino a un mese, si legittimano in via definitiva aggiustamenti provinciali del salario minimo ogni tre anni invece che ogni due.