Il linguaggio è tecnico. «Ottimizzazione dei costi», «razionalizzazione del perimetro industriale», «competitività». La realtà è molto più brutale: chiusura entro il 2022 di una fabbrica sull’Appennino bolognese, la SaGa Coffee di Gaggio Montano, fine di 220 posti di lavoro, delocalizzazione della produzione in Romania. A deciderlo la multinazionale italiana Evoca, controllata dal fondo americano Lone Stars. Un disastro per le lavoratrici bolognesi – l’80% della forza lavoro è fatta da donne operaie – impegnate nella costruzione di macchine da caffè per bar, ristoranti e mense.

«Semplicemente una catastrofe», dice Primo Sacchetti della Fiom-Cgil, che il territorio lo conosce bene e racconta di una lenta e progressiva deindustrializzazione della montagna bolognese. «Questa crisi, se non sarà risolta positivamente, porterà alla desertificazione dell’industria e della popolazione di una larga fetta di Appennino».

QUESTA MATTINA le lavoratrici della SaGa Coffee abbandoneranno i picchetti ad oltranza di fronte alla loro fabbrica, e in bus e in auto si faranno l’ora abbondante di viaggio necessario a raggiungere i palazzi della Regione Emilia-Romagna, dove ci sarà un incontro tra sindacati e proprietà, in quella Bologna ricca e lontana dove tanto si parla di big data, centri di ricerca e innovazione. Una ricchezza in cui queste operaie, quasi tutte sopra i 45 anni e molte con patologie legate al lavoro, fanno fatica a riconoscersi.

«PER L’APPENNINO 220 POSTI di lavoro in meno significano la fine della coesione sociale, il collasso», dice Marino Mazzini della Fim-Cisl. Perché quello della SaGa Coffee non è un caso isolato. Nel 2016 sempre a Gaggio Montano fu la Philips a tagliare 250 posti di lavoro in un’altra azienda di macchine per il caffè, la Saeco. Dopo una lunga lotta gli operai furono sconfitti, e accettarono di andarsene in cambio di denaro. Si parlò già allora di «multinazionali che saccheggiano il patrimonio industriale». Cinque anni dopo la situazione è la stessa, con l’aggravante che i 250 posti di allora non sono mai stati del tutto riassorbiti. Raffaele Falzoni nel 2016 da delegato sindacale guidò la lotta di 70 giorni contro la multinazionale olandese, e alla fine come tanti altri accettò di andarsene. «Non c’era futuro lì – racconta – purtroppo in tutto questo tempo non sono ancora riuscito a trovare un posto di lavoro fisso». Le ricollocazioni promesse dalle istituzioni? «Uno sforzo è stato fatto ma non è bastato. Sa qual è il problema? Lo Stato non è mai riuscito a scrivere una legge che impedisca alle aziende di andarsene».

Fermare le delocalizzazioni. È questa la richiesta che i sindacati fanno al governo. I metalmeccanici della Fiom e della Fim ricordano le tante promesse fatte, anche durante la lotta dei lavoratori della Gnk di Firenze. «Stiamo aspettando dal Ministro Orlando qualcosa di concreto», dicono. Il caso della Saga Coffee di Gaggio Montano sembra proprio un esempio da manuale: viene venduta da Philips a Evoca nel 2017, e poi chiusa (questi i piani) nel 2022. «Comprando la Saga Coffe il gruppo Evoca ha acquistato un competitor, e poi tutto il nostro know how è stato spostato in altri stabilimenti del gruppo. Ora evidentemente non gli serviamo più», dice il delegato Fim-Cisl Rudi Pesci.

LAURA BORELLI, DELEGATA FIOM dal 2011, è entrata nella fabbrica che ora si chiama SaGa Coffee 25 anni fa. Racconta di un prototipo che la dirigenza ha commissionato alla SaGa, e poi una volta completato ne ha trasferito la produzione in Romania. «Vogliamo bloccare questo scempio – dice – e la cosa più brutta è che questi non sono stranieri, sono una multinazionale italiana con sede a Bergamo».

Anche Borelli partecipò alla lotta del 2016 contro la Philips, perché «mio marito lavorava lì. Per fortuna lui un lavoro l’ha trovato dopo il licenziamento, ad altri invece è andata peggio». Oggi sarà a Bologna assieme alle altre 220 operaie. Si mobiliteranno anche le colleghe di Bergamo, cuore del gruppo Evoca. «Sciopereranno con noi, e questo ci dà speranza».