Il posto si chiama L’Anaconda, pure se Cesare pesca le anguille che adesso però, come ci ha spiegato bene, non è stagione. Il suo barcone, dipinto di azzurro mare, sta sotto a un cavalcavia, sul Tevere opaco dell’inquinamento, gru dei palazzi in costruzione da lontano, e sopra il rumore incessante del Gra: macchine, camion, pullman, respiro di motori e quiete appena distogli lo sguardo. A tavola ci sono tutti i protagonisti del Sacro Gra di Gianfranco Rosi, si passano ancora stupefatti il Leone d’oro che sembra quasi un oggetto magico. Festa, allegria, il vestito buono delle occasioni speciali. In fondo...