Ryley Walker, dall’Illinois, ma ora di stanza nella Grande Mela, è un talento limpido, capace di spalancare mondi con canzoni espanse, che pescano da mille suggestioni ed alfabeti, mantenendo però sempre una voce inconfondibile. È da poco uscito il nuovo Course in Fable per la sua etichetta Husky Pants Records. Un disco luminoso, sospeso tra languori West Coast, psichedelia in super 8, folk limpido ed elettrico ed una grammatica sghemba da Van Morrison prestato all’indie rock capace di esplodere in vampate prog (Axis Bent). La sua passione per la musica è precoce: «La mia prima memoria mi riporta alle canzoni da chiesa da bambino a Natale. Ero convinto che Gesù fosse la soluzione. In realtà devo ancora capire cosa fare per il resto della mia vita e se dovessi indicare un momento in cui ho iniziato a coltivare intenzioni artistiche serie direi quando ho lasciato il mio lavoro da televenditore nel 2014 per andare in tour. Era una cosa che mi spaventava ed allo stesso tempo mi eccitava molto».

UNO STILE quasi indefinibile e molte fonti di ispirazione: «Già, i Genesis, gli antidepressivi, la metropolitana di New York, gli amici, le sigarette, Derek Bailey, Sonny Sharrock. Sopra ogni cosa comunque il tema che unisce tutto il disco è la gioia. Sono felice». Nelle canzoni di Walker a volte si ritrovano i sapori di dolorosa ed estatica libertà tipica di alcune poesie della beat progressive: «I poeti beat americani sono stati e sono ancora una grande influenza; amo quell’idea di disagio metropolitano espressa in un flusso di coscienza. Amo anche il meccanismo con cui osservazioni su minimi dettagli esplodono in paragrafi: strani incontri di viaggi, essere un idiota in terra straniera. Sta tutto dentro un pezzo». Course in Fable è ricco di inebrianti fragranze progressive.
Gli chiediamo se conosce la scena italiana: «Certo, nessuno vi batte nella cucina e nella musica progressiva, sono un fan totale: Goblin, Locanda delle Fate, Le Orme, e tanti altri. La lista è infinita; è la musica migliore di sempre!». In Rang Dizzy canta «Fottimi, sono sopravvissuto», un verso che sembra abbia a che fare con quel tanto di paranoia connaturato al vivere negli Stati uniti…: «Vero. Non posso credere di essere vivo, ora. Ho desiderato a lungo una morte rapida e improvvisa, ma ho fatto molto per raggiungere uno stato mentale molto più salubre. Ho ancora molta strada da fare, ma sono orgoglioso del percorso intrapreso».

LE COMPOSIZIONI di Walker mescolano spesso malinconia e vitalità, storie che sembrano provenire da una ferita personale: «Le mie canzoni vengono da improvvise fiammate di luce; ho vissuto un periodo buio per due anni fino a che poi, tutto ad un tratto, dodici canzoni sono emerse». Nel nuovo lavoro spicca la collaborazione con John Mc entire (polistrumentista e batterista dei Tortoise): «Con John siamo buoni amici da diverso tempo, era un mio sogno collaborare con lui sin da quando ero ragazzino».
La scena avant jazz di Chicago che Ryley frequenta è una fucina inesauribile di suoni e idee: «Chicago è semplicemente il posto più creativo della terra. Non mi manca viverci, ma mi manca l’andare a vedere un concerto fantastico ogni sera: che posto meraviglioso!»