Clara è una giovane funzionaria del ministero della Giustizia, impegnata affinché la Norvegia si doti di una nuova legge a protezione dei minori. Haavard, suo marito, è un affermato medico che lavora in uno dei maggiori ospedali di Oslo. Lei viene dalle montagne del nord, è cresciuta in una fattoria che sorge di fronte a un fiordo, lui è il tipico rampollo di una delle famiglie bene della capitale, nato e cresciuto in una zona di case costruite dai più noti architetti del Paese. Hanno due figli e una vita in apparenza felice e serena. Questo fino a quando alcuni omicidi non verranno ad aggiungersi ad una serie di crimini compiuti contro dei bambini nel corso degli ultimi anni: eventi che riveleranno anche tutta la fragilità della loro unione e i molti misteri che cela.

Poetessa, autrice di testi per il teatro e di libri per bambini, Ruth Lillegraven debutta nel romanzo poliziesco con Fiordo profondo (Carbonio, pp. 342, euro 17, traduzione di Andrea Romanzi), un noir psicologico che indaga sul volto nascosto della società norvegese a partire dagli inconfessabili segreti di una coppia.

La Norvegia che descrive ha i colori cupi del razzismo, delle diseguaglianze sociali, dell’ascesa al potere della destra populista. È il volto che si cela dietro l’immagine da cartolina del Paese?
La narrativa poliziesca prende sempre vita lontano dalle luci della ribalta, giocando con i riflessi dell’immagine patinata e l’oscurità che le sta intorno. È il confronto e la disparità tra questi due elementi ad alimentare la suspense. Un villaggio grazioso fin nei dettagli o un bel quartiere residenziale hanno sempre in sé qualcosa di inquietante, di sinistro. E la medesima considerazione si può applicare alle persone. Chi sono davvero al di là di ciò che danno da vedere in superficie? Possono nascondere qualcosa, perfino degli oscuri segreti?

La scrittrice Ruth Lillegraven

Il romanzo arriva a dieci anni dagli attentati razzisti compiuti da Breivik a Oslo e sull’isola di Utøya nel 2011 e sembra suggerire come malgrado quel massacro il Paese non sia cambiato granché…
Come tutti i miei conazionali sono rimasta traumatizzata da quanto accaduto. Tra l’altro fu proprio la zona dei ministeri di Oslo, dove lavoravo allora, a subire il primo attacco, con l’esplosione di alcune bombe. È stato davvero orribile: tutte quelle giovani vite stroncate, una grande tragedia collettiva e poi quelle individuali che si sono vissute in tante famiglie. Ero talmente colpita che a lungo ho pensato che sarebbe stato quasi immorale scrivere un romanzo che parlasse del Paese. Al momento i norvegesi hanno reagito in modo unitario, condannando le discriminazioni e i discorsi di odio. Al punto che molti immigrati o appartenenti alle minoranze hanno dichiarato che dopo le stragi si sono sentiti per la prima volta «a casa» in Norvegia. Tuttavia, nel lungo periodo, le cose sono tornate al punto di partenza, è ripreso un dibattito feroce sull’islam e il multiculturalismo. E le correnti sotterranee più oscure sono tornate ad emergere.

Clara, lavora al ministero della Giustizia accanto a Munch, un politico populista che basa le sue decisioni sulle emozioni della popolazione. Come è nato questo scenario?
Ho lavorato per diversi anni nello staff della comunicazione del ministero dei Trasporti, a Oslo, e con il passare del tempo mi sono resa conto del ruolo che i media e i sondaggi hanno assunto nella nostra vita politica. Così, per Munch è l’atteggiamento dei media a definire l’agenda del suo ministero, o dell’intero governo. Molti lettori mi dicono di considerare questo personaggio come «un mostro», ma in realtà è solo il prototipo di un genere molto diffuso: il politico disposto a tutto non per realizzare un determinato programma, ma per riuscire gradito ed avere successo.

Al centro del libro ci sono le violenze inflitte ai bambini. Un tema spesso presentato come legato a particolari condizioni sociali, ma che a ben vedere riguarda un po’ tutti gli ambienti.
Sì, succede in ogni tipo di famiglia. Detto questo, almeno in Norvegia, e le statistiche sono lì a dimostrarlo, i bambini cresciuti nelle famiglie di migranti sono più vulnerabili da questo punto di vista. Spesso anche per le condizioni difficili in cui vivono o per i traumi che hanno subito fuggendo da conflitti e guerre. Nel corso del romanzo si capisce però come questo tipo di violenza non si limiti ad un ambito specifico, ma sia diffuso anche nelle famiglie più agiate, in tutte le componenti della società norvegese. E questa è una delle cose più importanti che volevo far capire ai lettori.

Tradimenti, segreti, misteri: la strada che conduce alla violenza sembra nutrirsi di quanto nascondiamo agli altri. E in parte anche a noi stessi.
Siamo le persone che pensiamo di essere o vorremmo essere? A partire da una coppia, il mio libro mostra quanto due persone possano valutare in modo diverso le stesse situazioni e porsi domande differenti. Clara e Haavard sono il prodotto di universi sociali e culturali specifici e tra loro molto lontani. Il loro diverso background è però solo la base a partire dalle quale si sono incontrati per formare una coppia di successo. Su questo entrambi hanno poi inserito ben altro: omissioni e segreti che riguardano il passato come il presente di ciascuno. Il problema non sono le differenze o ciò che vogliamo lasciarci alle spalle, ma il peso che tutto questo ha sulle nostre scelte, sulle nostre vite.

Il fiordo che dà il titolo al libro non evoca solo un’immagine suggestiva, ma sembra dirci qualcosa della personalità dei personaggi e del contesto nel quale operano. Cosa rappresenta in realtà?
È prima di tutto un luogo concreto dove nascondere vecchi segreti. Volevo rendere il fiordo, la cascata e il lago di montagna, tutti elementi dell’infanzia di Clara, alla stregua di personaggi della storia e infatti finiscono per svolgere in qualche modo un ruolo al pari dei protagonisti. E questo non solo perché la natura ha sempre una grande importanza in ciò che scrivo, si tratti di poesia o di un noir, come in questo caso, ma anche perché questo fiordo di cui nessuno conosce neppure la reale profondità assomiglia alla mente umana che può essere altrettanto oscura, profonda e misteriosa. E, in entrambi i casi, è davvero molto difficile vedere cosa c’è sotto la superficie.

 

Il romanzo poliziesco è il grande protagonista delle ultime stagioni letterarie scandinave, anche se «Fiordo profondo» più che a Stieg Larsson o Anne Holt fa pensare a Patricia Highsmith.
In effetti spero che questo libro sia più vicino alle atmosfere di Highsmith, Daphne du Maurier. o di autori e autrici del noir psicologico degli ultimi anni, come Gillian Flynn (che ha firmato nel 2013 L’amore bugiardo, ndr). Volevo scrivere qualcosa che avesse questo taglio, non il classico poliziesco nordico, ammesso che ne esista un solo genere. Volevo mescolare il crime al thriller politico, all’indagine nelle zone d’ombra della realtà sociale norvegese attraverso personaggi che affrontassero problemi reali e quotidiani, non solo fatti eccezionali. Ma, in fin dei conti, come ha osservato una volta William Faulkner, il cuore umano in conflitto con sé stesso è l’unica cosa di cui valga la pena scrivere. Ed è quello che ho cercato di fare.