Il voto favorevole di Israele alla risoluzione dell’Onu di condanna della Russia è stato anticipato ieri alla stampa dal ministro degli esteri Yair Lapid. Nel governo israeliano è Lapid che da giorni spinge per una scelta di campo più netta, a favore di Kiev, che Tel Aviv non vuole fare per non incrinare i buoni rapporti con Vladimir Putin. Per Lapid, Israele deve condannare la Russia. «Israele era ed è dalla parte giusta della storia. Abbiamo il dovere morale e l’obbligo storico di essere parte degli sforzi in corso», ha spiegato. C’è da sperare che il ministro esteri senta anche il «dovere morale» di mettere fine alla lunga occupazione militare israeliana dei Territori e di permettere ad oltre cinque milioni di palestinesi di autodeterminarsi. Le parole di Lapid comunque riflettono solo le scelte fatte dal governo Bennett. Ma in diverse città e aree del paese, la guerra in Ucraina è vissuta dagli 1,2 milioni di israeliani giunti negli ultimi trent’anni dai paesi della ex Urss, come un avvenimento proprio davanti alla porta di casa. Non a caso una delle prime ambasciate ucraine ad attivarsi in questi giorni con punti di reclutamento è stata quella in Israele, non si sa con quali risultati.

La zona di Sprinzak ad Haifa è popolata da israeliani «russi», come qui sono chiamati gli ebrei giunti dalla Federazione russa, dall’Ucraina, dalla Bielorussia e in minor numero da altri Stati della scomparsa Unione sovietica. Valija Radutsky, 54 anni, geometra, era un giovane quando nel 1993 con la famiglia lasciò Kharkiv per stabilirsi ad Haifa dove circa il 24% dei quasi 300mila abitanti sono «russi». Tanti ricordi lo legano al suo paese d’origine con cui mantiene contatti e amicizie. «Sono angosciato, non credevo che i russi potessero invadere l’Ucraina» dice. «Ho amici lì e sono preoccupato per loro» aggiunge «spero che Putin paghi a caro prezzo ciò che ha fatto. Prego perché finisca la guerra e non muoiano degli innocenti». Un suo amico, Alexi, 24 anni, nato e cresciuto in Israele, il paese d’origine dei suoi genitori non l’ha mai visitato ma, afferma, «l’Ucraina è dentro di me. Perciò provo rabbia e dolore per quanto sta accadendo». E lancia maledizioni a Putin.

Valija e Alexi rappresentano i sentimenti di buona parte degli israeliani «russi». La scorsa settimana, quando i primi reparti militari russi sono entrati in Ucraina, centinaia di manifestanti si sono radunati davanti all’ambasciata russa a Tel Aviv per sventolare bandiere ucraine e scandire slogan contro Putin. Non pochi «russi» chiedono che Israele assuma una posizione dura nei confronti di Mosca e di appoggio all’Ucraina e che mandi a Kiev non solo aiuti umanitari ma anche armi, un passo che, stando alle indiscrezioni, il governo Bennett non muoverà. «I russi stanno distruggendo un paese intero, è un disastro che pagano gli innocenti, (il governo israeliano) non può restare in silenzio, deve agire» esorta Petro Olisk, un carpentiere di Bat Galim, ai piedi del Monte Carmelo, giunto da bambino dall’Ucraina occidentale. Contro la cautela del governo si è schierato l’ex ministro Anatoli (Natan) Sharansky, dissidente ebreo ai tempi dell’Urss che chiede «una chiara posizione morale» contro Mosca.

Non sventolano bandiere e nemmeno tengono raduni, i sostenitori delle ragioni della Russia. L’appoggio, spesso appassionato, a Putin lo esprimono sui social e in tv, entrando in polemica con il campo avverso. Si è fatta notare su Facebook Vera Veinberg, 36enne nata in Crimea annessa alla Russia nel 2014, e ora residente ad Eilat dove lavora come tour operator. Veinberg nei giorni scorsi ha scritto, scatenando polemiche a non finire, che «la Russia si è mossa con otto anni di ritardo e che ora sta punendo l’Ucraina» per i crimini che ha commesso nelle regioni separatiste. Il più famoso degli israeliani «russi» pro-Putin è il comico 46enne, Semion Grafman con decine di migliaia di follower su YouTube. Vive a Bat Yam ma è nato Dniepro. Intervistato dalla tv Canale 13 ha precisato di essere ucraino e di opporsi alla guerra. Quindi ha spiegato che «Israele colpisce in Siria ogni volta che l’Iran introduce armi lì e spero che ciò continui. In Ucraina, Putin facendo lo stesso». Per Grafman gli Usa non avrebbero lasciato scelta a Putin.

Intanto l’Agenzia ebraica riferisce che sono oltre 5mila gli ucraini ebrei pronti a fare l’aliya, ossia ad immigrare in Israele. Diversi l’hanno già fatto. Potenzialmente, ha aggiunto ieri Lapid, sono 180mila gli ebrei dell’Ucraina che avrebbero diritto, secondo la legge, ad immigrare e a diventare cittadini dello Stato ebraico. Si spera che non finiscano poi nelle colonie nei Territori occupati, dove nei decenni passati si sono insediati tanti «russi».