«Caracas dev’essere dichiarata territorio libero dalla violenza di genere, è la nostra richiesta al candidato socialista ErnestoVillegas», dice al manifesto Rumi Quintero, dell’associazione Divas de Venezuela.

Qual è il ruolo dell’associazione?

Difendere e organizzare gli interessi delle comunità Lgbt e di tutta la gamma della diversità di genere. Abbiamo iniziato a lottare contro la discriminazione degli omosessuali, poi ci siamo resi contro che ci stavamo rinchiudendo in un altro ghetto e abbiamo allargato l’azione a tutte le discriminazioni. Il nostro obiettivo è l’integrazione, o meglio il reintegro delle diversità in tutti gli ambiti della comunità partendo dal diritto alla vita e a quello di condividere tutti i suoi aspetti senza discriminazioni.
Per cambiare le cose bisogna agire sul contesto, educare le persone alla convivenza.

Come viene recepita la vostra attività dal socialismo bolivariano?

Il Comandante Chávez ha consentito a tutte le comunità vulnerate di partecipare da protagoniste nella società, ha aperto uno spazio reale. Così abbiamo cinque leggi che ci proteggono dalle discriminazioni sessuali e di genere, la più importante è quella del potere popolare che riconosce la partecipazione protagonica a qualunque livello della diversità.
Recentemente, abbiamo chiesto al candidato della patria per Caracas, Ernesto Villegas, di decretare la capitale territorio libero da violenza di genere. Chiediamo che si comincino a creare le condizioni per questo: per passare dalla proposta androcentrica a una diversa normativa, ma senza fermarsi al lato legislativo, trasferendo il cambiamento nella società. Per questo partecipiamo a diverse reti come quella del Frente bicentenario de mujeres 200, che incorpora diverse organizzazioni, e a quella dell’Araña femminista.

Con il governo bolivariano, le donne in Venezuela hanno potere, però non tutte – dicono le femministe – riconoscono la propria condizione di genere, si adattano ai modelli maschili.

Adesso le cose stanno cambiando. Ora c’è un equilibrio, recentemente è stata nominata Defensora nacional de la mujer Maria Hernandez, avvocata e femminista che viene dei movimenti sociali, ha coscienza di genere e sta assumendo una certa quantità di potere, insieme alla ministra per la Igualdad de genero, Andreina Tarazon.
Donne che seguono il cammino delle femministe storiche come la deputata Maria Leon, che ha guidato in questo senso il comandante Chávez.

In America latina diversi presidenti progressisti come Morales e Correa si sono apertamente dichiarati contrari all’aborto, dichiarandolo un delitto. Correa ha addirittura minacciato di dimettersi se il parlamento avesse affrontato l’argomento. E anche qui non si riesce a discutere una legge come vorrebbero le reti femministe.

Occorre effettuare un processo di demistificazione, educare. La donna non è peccatrice e delinquente se assume il controllo sul proprio corpo.
Il feto non è una persona prima dei tre mesi, è una cellula, è necessario dire la verità e ribadire che, comunque, la scelta sul proprio corpo spetta solo alla donna, non ai fondamentalisti, agli uomini o alle chiese. [FIRMA_SOTTO](ge.co)[/FIRMA_SOTTO]