Con le nuove nomine governative, i Talebani provano a rassicurare, almeno in parte, le minoranze del Paese e la comunità internazionale. Ma le donne e i rappresentanti della vecchia amministrazione restano fuori dall’esecutivo e Amnesty International pubblica un rapporto – The Fate of Thousands Hanging in the Balance: Afghanistan’s Fall Into the Hands of the Taliban – che elenca abusi e persecuzioni e contraddice i toni concilianti dei turbanti neri.

Dopo le prime, importanti nomine del 7 settembre, ieri il portavoce Zabihullah Mujahid ha annunciato i nuovi incarichi governativi. Evidente il tentativo di premiare gli scontenti del movimento, rimasti a bocca asciutta nella prima tornata di nomine. Sono due i nomi di particolare spicco da questo punto di vista: il comandante militare Sadr Ibrahim è stato nominato vice ministro degli Interni, mentre il comandante mullah Zakir è ora vice ministro della Difesa. Sono i due principali artefici dell’offensiva militare che ha portato alla vittoria dei Talebani di metà agosto. Considerati vicini all’Iran, hanno invece avuto rapporti burrascosi con il Pakistan. La loro nomina riflette dunque attenzione per gli equilibri interni ma anche regionali.

Al ministero del Commercio è stato nominato invece Nooruddin Azizi, un tagico originario del Panjshir, l’ultima provincia conquistata dai Talebani, dove ci sono ancora alcune «sacche di resistenza». La sua nomina serve a dimostrare inclusività, come quella dell’unico rappresentante degli hazara, la minoranza sciita discriminata nel primo Emirato. È il dottor Hassan Ghasi, nominato vice ministro della Salute. Significativo il siluramento dell’ultimo rappresentante della vecchia amministrazione di Kabul, il ministro della Salute Vahid Majrooh, che solo tre giorni fa a Kabul aveva incontrato Tedros Adhanom Ghebreyesus, il segretario generale della Fao, l’organizzazione dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura secondo la quale oggi il 93 per cento degli afghani non ha cibo a sufficienza. È stato sostituito dall’urologo Qalandar Ibad.

Sono politiche anche le nomine all’interno del ministero retto da Sirajuddin Haqqani, che rafforza la presa sugli Interni con uomini molto vicini. Quello dei Talebani rimane un governo tutto maschile: nessuna donna. Per il portavoce Zabihullah Mujahid, la cerimonia ufficiale di insediamento del nuovo governo è stato annullata perché è più importante lavorare per garantire i servizi alla popolazione, il riconoscimento internazionale arriverà presto e i Talebani stanno lavorando affinché le ragazze possano tornare a frequentare le scuole medie e superiori e le donne possano tornare a lavorare.

Il messaggio rassicurante è contraddetto dall’ultimo rapporto di Amnesty International, che elenca singoli abusi, persecuzioni commessi dai Talebani contro giornalisti, attivisti, minoranze, funzionari del vecchio regime e condanna la tendenza, già in atto, a ridurre lo spazio per i diritti delle donne. Amnesty, insieme alla International Federation for Human Rights (Fidh) e alla World Organisation against Torture (Omct), chiede al Consiglio per i diritti umani dell’Onu un meccanismo di monitoraggio sugli abusi. Per ora i Talebani non se ne preoccupano.

Pensano a soldi e riconoscimento. Ieri nel palazzo presidenziale il primo ministro mullah Hassan Akhund ha ricevuto gli inviati speciali di Russia, Cina e Pakistan. Poco dopo, Zamir Kabulov, Yue Xiaoyong e Sadiq Khan hanno però incontrato anche Abdullah Abdullah, già a capo dell’Alto consiglio per la riconciliazione nazionale, e l’ex presidente Hamid Karzai. I Paesi della regione pensano ancora di poter allargare le maglie del governo per renderlo più inclusivo. E presentabile.