Questa cronaca di un divorzio annunciato comincia con un post che compare al mattino sul Blog delle stelle. «L’associazione Rousseau cambia strada –recita – La scelta è dolorosa, ma inevitabile. Abbiamo cercato, in ogni modo, di mantenere forte quel rapporto speciale che ha permesso ad una forza politica di diventare protagonista della storia del nostro paese e di portare nelle istituzioni migliaia di cittadini con l’elmetto. Ma stare insieme deve essere una scelta reciproca e deve presupporre rispetto e assunzione di responsabilità da ambo le parti». È l’effetto dell’ultimatum dei gestori della piattaforma telematica grillina per ottenere i pagamenti delle quote arretrate di circa la metà dei parlamentari del M5S. Questi soldi, si stima circa 450 mila euro, non sono arrivati. Dunque, «a fronte dell’enorme mole di debiti cumulati dal M5S non è più possibile sostenere le spese necessarie per il personale che lavora quotidianamente ai diciannove servizi di cui il M5S usufruisce».

IL M5S RISPONDE dal suo profilo Facebook, visto che il blog che da statuto è l’organo ufficiale di comunicazione del M5S si trova sotto la giurisdizione della piattaforma gestita da Davide Casaleggio. «Le scelte dell’ultimo anno dell’associazione Rousseau evidenziano la volontà di quest’ultima di svolgere una parte attiva e diretta nell’attività politica – scrivono i 5 Stelle – Questa volontà è incompatibile con una gestione ‘neutrale’ degli strumenti che devono servire ad attuare la democrazia diretta nel Movimento». Quest’ultimo passaggio è un riferimento alle parole pronunciate da Giuseppe Conte nel suo primo discorso agli eletti, lo scorso primo aprile. Il nuovo leader si era impegnato a mantenere il tema della democrazia digitale ma aveva ammonito i suoi: «La tecnologia non è mai neutrale». Conte ha scelto di fare un passo indietro, almeno dal punto di vista, formale rispetto a una contesa che considera appartenente alla fase precedente, ma ha evidentemente acconsentito a un esito del genere. Non è un mistero che volesse prendere il timone di un’organizzazione più lineare e meno ingarbugliata dell’attuale M5S, proposito che si è sposato col fastidio malcelato della grande parte degli eletti grillini che da tempo consideravano Rousseau una scatola vuota e costosa.

IL PROBLEMA è che non è affatto detto che il divorzio annunciato sia consensuale e che ci si trovi veramente davanti ad una conclusione definitiva della vicenda. «Metaforicamente parlando, Rousseau è ormai un cadavere per il partito pentastellato, ma quest’ultimo rimane ancora statutariamente legato al corpo del cadavere», è la sintesi dell’avvocato Lorenzo Borrè, che ha curato (e vinto) diversi ricorsi nei confronti del M5S e che forse più di ogni altro ne conosce bug giuridici e falle procedurali. Da Rousseau, ad esempio, fanno capire che intendono andare avanti, coinvolgendo altri soggetti in uno «spazio aperto, laico e trasversale». Davide Casaleggio la spiega così: «Il movimento è dove sono le persone che ne rispettano i principi e ne portano avanti le idee. Rousseau sarà sempre la casa di queste persone». Dopo anni in cui gli eletti fatti fuori dalla casa madre erano destinati all’oblio, per la prima volta chi esce dal M5S potrebbe trovare un appiglio simbolico e una qualche infrastruttura organizzativa. Per questo è naturale che i tanti parlamentari messi alla porta dal M5S guardino con interesse alle future mosse del fondatore. Specie quelli che non hanno votato la fiducia a Draghi e hanno costituito il gruppo denominato «L’Alternativa c’è» rivendicando di voler restare fedeli al programma originario del M5S. Così come è inevitabile che si attenda il pronunciamento di Alessandro Di Battista, che assieme a Davide Casaleggio, per dirne una, non ha mancato occasione di ribadire l’importanza del tetto dei due mandati, l’ultimo principio fondativo ancora in piedi al quale Conte, se non vuole evitare il fuggi fuggi, deve trovare una scappatoia. E non aiuta che il divorzio arrivi proprio nei giorni in cui Beppe Grillo appare nitidamente a molti più come un impaccio che come una risorsa, dopo il video in difesa del figlio indagato per stupro.