Dopo un 2020 in tono minore a causa della pandemia da covid-19, per l’edizione 2021, la 42esima, dedicata alla memoria del regista Graham Vick recentemente scomparso, il Rossini Opera Festival torna a una programmazione piena e succulenta, con quattro attesissime nuove produzioni: Moïse et Pharaon ed Elisabetta regina d’Inghilterra, eseguite dall’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai; Il signor Bruschino e Stabat Mater, eseguite dalla Filarmonica Gioachino Rossini. Seguono Il viaggio a Reims dell’Accademia Rossiniana «Alberto Zedda», 8 concerti (Mariangela Sicilia, Maxim Mironov, Erwin Schrott, Alexey Tatarintse, Jack Swanson, Anna Bonitatibus e Nino Machaidze) e il Gala Rossini finale (che celebra il 25esimo anniversario del debutto pesarese di Juan Diego Flórez).

IL FESTIVAL sarà inaugurato il 9 agosto alla Vitrifrigo Arena da Moïse et Pharaon, diretto da Giacomo Sagripanti. Con una cifra stilistica inconfondibile impreziosita da una lunga decantazione, Pier Luigi Pizzi, che cura regia, scene e costumi, con la collaborazione di Massimo Gasparon alle luci e le coreografie di Gheorghe Iancu, darà vita a un allestimento ispirato ai moduli gloriosi dell’oratorio religioso, che trova nella compostezza il suo punto di forza. Seguirà il 10 agosto al Teatro Rossini Il Signor Bruschino, coproduzione con la Royal Opera House Muscat e con il Teatro Comunale di Bologna, diretto da Michele Spotti, con la regia di Barbe & Doucet, le luci di Guy Simard. Si torna alla Vitrifrigo Arena l’11 agosto con l’opera più attesa, Elisabetta regina d’Inghilterra, coproduzione col Teatro Massimo di Palermo, diretta da Evelino Pidò e interpretata da Karine Deshayes, Sergey Romanovsky, Salome Jicia, Marta Pluda, Barry Banks e Valentino Buzza. La messa in scena di Davide Livermore, con le scene di Giò Forma, i costumi di Gianluca Falaschi, le luci di Nicolas Bovey e il videodesign di D-Wok, come sempre attinge all’immaginario audiovisivo contemporaneo «sovrapponendo – dice il regista – la figura di Elisabetta I a quella di Elisabetta II», ispirandosi all’estetica della serie Tv Netflix The Crown e usando il ledwall come una «lavagna che racconta un intero mondo che muta via via sulla base dei sentimenti e delle passioni provate dai personaggi». Ultima nuova produzione è lo Stabat Mater in forma scenica, proposto il 20 agosto alla Vitrifrigo Arena, con la direzione di Jader Bignamini, regia, scene, costumi e luci di Massimo Gasparon.

COME DA TRADIZIONE, dunque, tra il 9 e il 22 agosto la città di Pesaro risuonerà senza sosta delle note del suo cigno, con un calendario che imbandirà 25 spettacoli e pietanze per tutti i palati, da quelli facili dei neofiti a quelli impegnativi di melomani e specialisti, tutti in attesa di ritrovare, nella bellezza e nell’esuberanza delle musiche rossiniane, una celebrazione della vita così mortificata nell’ultimo anno e mezzo di chiusure e distanze, una riapertura, oltre che dei teatri, delle menti e delle infinite potenzialità risarcitorie dell’immaginazione e dei riti condivisi, consapevoli insieme a Livermore che, per quanto sappiamo o mettiamo in scena di Rossini, tra i «più grandi conoscitori dell’animo umano», sarà «sempre troppo poco, sempre inadeguato a rappresentarne la complessità».