È morta la Falk. Antonia Falzacappa, in arte Rossella Falk, gran dama del teatro italiano nata a Roma 86 anni fa, il 10 novembre del 1926. Ci vorrebbe una Camilla Cederna per spiegare oggi, a un pubblico sempre meno attento alla memoria, quale ruolo avesse avuto la Falk non solo all’interno del teatro italiano del Dopoguerra, ma anche l’importanza del personaggio nel birignao salottiero e culturale del tempo.

Registi come Giorgio De Lullo, Luchino Visconti, Franco Zeffirelli, Orazio Costa. E i testi di Luigi Pirandello, Tennesse Williams, Ibsen, Diego Fabbri, Giuseppe Patroni Griffi, Jean Cocteau. [do action=”citazione”]Il naso della Falk, i capelli della Falk, il suo profilo, le sue manie, i suoi amori. Scorrete le vecchie pagine dell’Espresso a cavallo tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60, prima cioè che Federico Fellini la consacrasse in 8 ½ come anima gemella di Marcello, amica e consigliera saggia, e capirete che era una diva assoluta in un’Italia alla ricerca di un glamour internazionale e culturale che proprio il teatro le aveva dato[/do]
Con la «Compagnia dei Giovani», dalla seconda metà degli anni ’50, Falk rivoluziona il ruolo della diva teatrale e ne fa qualcosa di moderno, qualcosa per noi da accostare alle grandi star che vedevamo al cinema. Un tram che si chiama desiderio, Improvvisamente l’estate scorsa, Spettri, La bugiarda, La locandiera, Così è se vi pare, Sei personaggi in cerca d’autore, che ci spaventava così tanto da bambini quando lo vedevamo in tv. E poi le novità totali, D’amore si muore, Metti una sera a cena, così legati al mondo culturale e ai gossip di allora. Con i Giovani, con Giorgio De Lullo, Romolo Valli, Elsa Albani, Umberto Orsini, il teatro non era più una cosa antica e polverosa, ma il centro del dibattito culturale oltre che delle pagine dell’Espresso e della celebre rubrica della Cederna.

Dentro alle commedie si leggevano battute e situazioni riprese dalla realtà dell’alta borghesia italiana, con più libertà d’espressione rispetto al cinema. Soprattutto per quel che riguardava il sesso. E le donne si vestivano e si truccavano come Rossella Falk. A 22 anni aveva esordito al cinema con Riccardo Freda in Guarany (1948), girato in Portogallo. Ma l’anno dopo già la troviamo a teatro con Sei personaggi in cerca d’autore e poi con Un tram che si chiama desiderio.

Tra il 1951 e il 1953 si unisce alla compagnia Morelli-Stoppa, nel 1954 è al Piccolo e dal 1955 con i Giovani. Ma a quel punto è già una star. Non aveva avuto tempo da dedicare al cinema, una particina nel 1953 nel delirante mélo diretto da don Peppino Amato, Donne proibite, assurdo e bellissimo, tra Linda Darnell, Valentina Cortese, Lea Padovani, Giulietta Masina, tutte in ruoli di tragiche prostitute. Per fortuna, tornerà al cinema con Fellini e Marcello in 8 ½, ma è già la Falk. Nanni Loy e Alberto Sordi ne sfruttano il grande talento di commedia in uno degli episodi più incredibili del nostro cinema in Made in Italy.
È una donna sposata, Erminia, che entra nella sua camera da letto e coglie in flagrante adulterio il marito con l’amante, Claudie Lange. Sordi riesce a rivoltarle la frittata al punto che lo sketch si conclude con un geniale, «Vedi Erminia, ti perdono, perché io sono uno che sa anche perdonare!».

Siamo nel camp assoluto con Modesty Blaise, disastrosa, ma oggi cultissima versione cinematografica diretta da Joseph Losey di un celebre fumetto del tempo. Monica Vitti è l’eroina e Rossella Falk con caschetto è la sadica, lesbica e terribile Mrs Fothergill, killer maliziosa agli ordini di un Dirk Bogarde ultragaio coi capelli bianchissimi. Un delirio. Nel 1968 interpreta pure l’introvabile giallo di Brunello Rondi Più tardi, Claire, più tardi e un telefilm inglese, A Touch of Venus con Margareth Leighton.
Robert Aldrich la vede recitare a Londra Il gioco delle parti di Pirandello e la vuole da subito in un altro ruolo supercamp, la dialogue coach lesbica di Kim Novak in Quando muore una stella (The Legend of Lylah Clare, 1968). Il film non sarà un successo, Aldrich esagera nel ritratto di una Hollywood terribile e depravata, e la carriera america della Falk finirà qui. Le verranno invece aperte le porte della tv e del thriller all’italiana dei primi anni ’70. Così la vediamo tra i protagonisti di una celebre serie tv del tempo, Il segno del comando di Daniele D’Anza, mentre nel cinema girerà una serie di thriller di successo, come La tarantola dal ventre nero di Paolo Cavara, Una giornata nera per l’ariete di Camillo Bazzoni, Sette orchidee bagnate di sangue di Umberto Lenzi, L’assassino è al telefono di Alberto De Martino. Di solito muore tragicamente.

Negli anni ’80 si occupa principalmente di teatro, Applause, Maria Stuarda, L’aquila a due teste, La dolce ala della giovinezza. E seguiterà a fare teatro finché la salute glielo permetterà, visto che nel 2006 porta in giro un recital dedicato alla sua amica Maria Callas, Vissi d’arte, vissi d’amore. Pochissime le apparizioni cinematografiche, Non ho sonno di Dario Argento, e televisive, Il bello delle donne. Da qualche anno, malata, si era rifugiata nella sua casa di Zagarolo.