Ha inaugurato con due titoli di impatto la nuova collana di minimum fax dedicata al graphic novel. Si chiama COSMICA ed è stata lanciata in aprile, con un libro in traduzione dall’inglese dell’autrice australiana Tommi Parrish e uno in italiano La Rosa armata, sceneggiato da Costanza Durante e disegnato da Elisa Menini. Un titolo ad hoc per il mese della liberazione: ambientata nelle Langhe nel 1944, la vicenda racconta la resistenza personale della giovane Rosa e si apre con una perquisizione della sua casa, dove i tedeschi giustiziano suo padre e si portano via suo fratello, il partigiano Bernardo. Per la fame e la sopravvivenza, Rosa capisce che deve imparare a sparare ma le lezioni del giovane Marcello non sembrano essere sufficienti, nonostante lei ne sia innamorata.

Gisella, la sorella di lui, la fa ricredere: è stato proprio Marcello a tradire Bernardo, forse ingelosito dalla storia d’amore tra il partigiano e sua sorella, che adesso è incinta. È un incipit incalzante e drammatico che arriva velocemente al culmine drammatico con il bombardamento che costringe le ragazze a scappare. È qui che la storia entra nel vero senso della resistenza e dell’aggettivo del titolo. Scompaiono o si diradano le figure maschili, colpevoli di tradimento ideologico (Marcello) o esistenziale (Bernardo) o semplicemente fascisti, come quelli che cercano di molestare le ragazze in fuga. Sulla loro strada si trova per fortuna una banda di partigiane, la banda delle streghe, che non solo le salva dagli aguzzini, uccidendo questi ultimi a sangue freddo, ma dà loro rifugio, insegnando a Rosa a difendersi, salvando la gravidanza di Gisella, permettendo alle ragazze di sopravvivere e di riappropriarsi delle loro vite. In questo progressivo scomparire degli uomini, che sono appunto morti o mediocri, il racconto è un omaggio alle donne della resistenza, protagoniste di una storia troppo spesso sommersa, cariche del dolore della perdita, della responsabilità della sopravvivenza e in buona parte della fatica della ricostruzione. Un racconto drammatico e teso, sostenuto da un disegno efficace, una buona drammatizzazione e una scelta cromatica audace e sorprendente.

Da una storia di realtà, una scrittura realistica basata sui molti, strazianti episodi di guerra che fanno parte del nostro immaginario, a una storia vera non meno drammatica e più recente: di nuovo femminile è il racconto a fumetti Giuliana Sgrena. Baghdad, i giorni del sequestro. Il libro, pubblicato da Round Robin in gennaio, ripercorre la tremenda esperienza del sequestro e del rilascio della nostra collega e inviata de il manifesto, avvenuto nel 2005 alla vigilia delle elezioni in Iraq. Come è noto, durante la sua liberazione Giuliana rischiò la vita e Nicola Calipari, capo del SISMI e mediatore dell’operazione, venne ucciso dai colpi di mitragliatrice esplosi da una pattuglia americana. Più che dell’epilogo drammatico di questa ennesima incresciosa vicenda di guerra e delle perplessità sul così detto fuoco amico, il fumetto si concentra sulle riflessioni di Giuliana, che non possono che partire dal suo contatto ravvicinato con la morte.

Da una primissima sequenza in soggettiva raccontata dal tavolo della sala operatoria, l’azione si sposta a un esterno liminale, l’ambiente fluviale della confluenza tra il Tigri e l’Eufrate. La protagonista contempla il paesaggio e si interroga se sia possibile superare il trauma sofferto, fingere che non sia accaduto niente; mentre scarta quest’idea è raggiunta da una misteriosa figura che guida un’imbarcazione una donna col burqa quasi in veste di Caronte mediorientale. È a lei che la giornalista, sospesa tra la vita e la morte, racconta gli eventi che l’hanno portata a quel momento.

Non c’è una parola fuori posto, un dettaglio di troppo nel testo Diario del sequestro che troviamo in chiusura al libro e che lo sceneggiatore Luca Scornaienchi ha adattato per il fumetto disegnato da Irena Carbone. Nella storia del sequestro tutto emana un senso di angoscia compressa, la tensione palpabile della giornalista che pur essendo preparata per un’evenienza drammatica, ma non vuole e non può rassegnarsi al fatto che quest’esperienza sia decisiva e letale. Nel racconto della cattura e della prigionia Giuliana si riferisce più volte a una sensazione di vuoto, rappresentata nel racconto della protagonista alla donna del burqa con un gorgo nero al quale l’imbarcazione si avvicina pericolosamente; il buco nero che è la rappresentazione grafica di un mese sottratto alla vita della giornalista, minacciata dai terroristi islamici e, quando tutto sembra avviarsi a una conclusione, dall’esercito americano.

Un’intervista di Giuliana Sgrena del 2019 a Hanaa Edwar, avvocata e attivista per i diritti delle donne incontrata a Bagdad in quel fatidico 2005, apre il libro con i toni di speranza legati al presidio di protesta contro la repressione governativa fatta di sparizioni e omicidi di attivisti, iniziato nel maggio del 2019. Una conversazione tra donne competenti e consapevoli del loro ruolo decisivo per la costruzione di un paese libro e democratico.

È ancora la guerra raccontata dalla lente del femminile, ma stavolta trattata dalla vicinanza biografica, a occupare Survilo, graphic novel pubblicato dai tipi di Coconino Press, firmato dall’esordiente russa Olga Lavrenteva, ospite di recente del Baba Jaga Fest. L’autrice mette in pagina il racconto in prima persona della vita di sua nonna che ci porta nella Leningrado delle purghe staliniane, durante le quali suo padre, di origine polacca, benché comunista e operaio modello, viene deportato. Questa è la «disgrazia», alla quale si allude continuamente nel testo, l’evento che cambia radicalmente la vita di nonna Valja, per sempre segnata dall’abbandono e quindi dalla paura, dalla fame e dal lavoro, quasi sempre negatole per il fatto di essere figlia di un «polacco scomparso», come negata le è la medaglia al valore per la difesa di Stalingrado.

La nonna si salverà lavorando in un ospedale di prigionieri di guerra, soccorrendo il nemico, e la sua vita sarà migliore dopo il 1957, quando finalmente le moltissime lettere inviate alle autorità per sapere del padre scomparso riceveranno la risposta, con la notifica della sua riabilitazione post mortem. Nelle ultime pagine del romanzo l’autrice tira le fila della ricostruzione dei fatti grazie a salti temporali che annodano la storia contemporanea e le generazioni successive, capaci di scovare il minuscolo paesino polacco Surwile-che dette scomodi natali al bisnonno-incredibilmente intatto nonostante l’assedio tedesco e la guerra, e di mandare una foto alla nonna. La china data a pennello ricorda la violenza dell’astrazione espressionistica in vignette dove la natura russa si alterna all’austerità di Leningrado lasciando il realismo solo alle figure umane, ai dettagli dei ritratti, agli indumenti, alla fisicità sofferta dei momenti di fame, ma anche alla danza tra i nonni innamorati e alle camminate nel bosco, con la nonna ormai anziana, in cerca della propria storia.

Le sfumature cupissime e la varietà di tessitura nella pennellata sono una cifra grafica molta adeguata per creare l’atmosfera di un racconto che tocca momenti molto oscuri della storia e mette in scena le emozioni di una vita. Questi sono i materiali che l’autrice maneggia, consapevole della versatilità di un mezzo che risponde perfettamente all’organizzazione temporale di un racconto che copre anni e alla ricerca di libertà espressiva che deve fare i conti con la ricostruzione del ricordo, tra sforzo mnemonico, percezione ancora vivissima e oblio forzato di tanta sofferenza.