«Mai incontrato Tiziano Renzi né altre persone del giglio magico, mai corrotto nessuno»: Alfredo Romeo nega ogni accusa. Ieri si è svolto a Regina Coeli l’interrogatorio di garanzia, l’imprenditore ha deciso di non rispondere ma ha consegnato una memoria difensiva. L’inchiesta riguarda l’appalto Fm4 da 2,7miliardi: «All’interno della Consip Romeo era emarginato. E’ stato fregato più volte» ha detto ieri l’avvocato Giovanni Battista Vignola.

L’imprenditore è accusato di corruzione: avrebbe pagato 100mila euro al dirigente Consip Marco Gasparri per ottenere bandi su misura per la sua holding. Dei 18 lotti, ne ha vinti 3 per 609 milioni di euro. La concorrente Cofely 4 per 585 milioni incluso però il lotto più ambito, Roma I, in cui ricadono i palazzi della politica.

Gli avvocati di Romeo chiedono la scarcerazione: «Abbiamo dubbi sia sulla durata delle indagini sia sull’acquisizione delle intercettazioni e la ricostruzione dei documenti attribuiti a Romeo, come i pizzini», gli appunti pescati dai carabinieri tra i rifiuti. A raccontare il «sistema Romeo» è stato lo stesso Gasparri, che si è presentato ai pm una volta scoperto di essere sotto indagine. Secondo Vignola «c’è assenza di riscontri alle dichiarazioni del Gasparri. Non c’è nessuna prova di versamenti, è solo gossip. Abbiamo un appalto da 2,7 miliardi e la dazione in 3 anni di 100mila euro. Si tratta di un fatto, se c’è stato, non dico da quattro soldi ma quasi per consulenze private». In quanto alle intercettazioni in cui Romeo spiega di essere ricorso «all’alta politica», sarebbero state «millanterie. Chiedeva solo come mai avesse perso Roma I che gestiva da 16 anni».

La memoria difensiva contiene un esposto che Romeo aveva presentato lo scorso aprile in Consip (e pure all’Anac e all’Antitrust), invitando la Centrale acquisti della Pa a essere «rigorosa nei controlli su gli imprenditori veri padroni del mercato – prosegue Vignola -. Vincono o per essersi raggruppati illegittimamente o per aver conseguito un punteggio alto su valutazioni discrezionali come Cofely, colosso dell’energia e non della manutenzione». Nell’esposto si citano non solo Cofely (secondo i pm protetta da Denis Verdini) ma anche le coop rosse a cominciare da Manutencoop, il terzo gruppo ad aggiudicarsi lotti importanti dell’Fm4. Secondo i pm, Romeo e il suo braccio destro, Italo Bocchino, avevano provato ad «agganciare» il presidente Anac, Raffaele Cantone, sperando in un suo intervento per sanzionare la Cpl Concordia, altra coop rossa concorrente in Consip. Cantone non ha escluso «un tentativo di accerchiamento».

Capitolo soffiate. La procura capitolina ha aperto un fascicolo contro ignoti per le «ripetute rivelazioni di notizie coperte da segreto» e tolto le indagini al Noe. Già accusati di rivelazione di segreto d’ufficio sono il ministro Luca Lotti e i generali dei carabinieri Tullio Del Sette ed Emanuele Saltalamacchia. Il telefono del padre dell’ex premier, Tiziano Renzi, viene messo sotto controllo. Dopo due giorni Roberto Bargilli, autista del figlio durante le primarie 2012, chiama Carlo Russo per avvisarlo di non telefonare e non mandare sms al «babbo».

Russo e Renzi senior sono accusati dall’ad Consip, Luigi Marroni, di avergli fatto pressioni per favorire Romeo e Cofely. In cambio, Romeo avrebbe pagato a Russo e Renzi senior uno stipendio in nero, come da pizzini. Nelle intercettazioni Romeo sollecita Russo a organizzare incontri periodici «per un caffè» con Tiziano Renzi e Lotti. Il padre dell’ex premier nega tutto e accusa Russo di aver abusato del suo cognome. Russo tace mentre Bargilli ha spigato di averlo chiamato (su sollecitazione del babbo) solo perché «stressava Tiziano Renzi». I carabinieri annotano: «La domanda da farsi è quella relativa ai motivi per cui una persona come Renzi Tiziano venga avvisato di essere intercettato ma la risposta è una, ovvero che il figlio Matteo Renzi, presidente del Consiglio pro tempore, abbia messo in campo tutte le risorse disponibili per tutelare la sua famiglia».

Marroni sapeva dell’inchiesta, secondo l’accusa, informato da Lotti, dai due generali e da un altro petalo del giglio magico, Filippo Vannoni: le indagini sarebbero state oggetto di conversazione nei ministeri «come fossero chiacchiere da bar». I carabinieri descrivono una «costante opera di controspionaggio attuata dal Romeo, dal Renzi e alcuni esponenti del governo Renzi, nonché indirettamente da Marroni».