Un fine settimana ad alto tasso di mobilitazioni avrà come teatro la capitale e non solo. Se è vero che ormai da nord a sud non passa giorno senza che qualcuno scenda in piazza, gli appuntamenti romani di venerdì e sabato sono destinati ad aumentare la densità della protesta. Aprono le danze i lavoratori dello spettacolo: il 30 ottobre è giornata di mobilitazione nazionale indetta dai sindacati confederali. Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom saranno presenti in 17 città, da Catania a Trento, per l’iniziativa «L’assenza spettacolare».

«L’ultimo Dpcm che ha disposto la chiusura, a nostro avviso incomprensibilmente, del settore fino al 24 novembre prossimo, rischia di assestare un colpo mortale e irreversibile al futuro della produzione culturale italiana», scrivono i sindacati. Al governo chiedono: ristori certi e immediati; reddito; un piano di rilancio legato al Recovery fund; un tavolo di confronto; ammortizzatori e tutele strutturali. A Roma l’appuntamento è alle 10 a Montecitorio, dove sarà presente anche l’Arci per denunciare la chiusura imposta ai circoli culturali, sociali e ricreativi che rischia di affossarli per sempre.

Poco prima, alle 9.30, e appena più in là, a Largo Argentina, è convocato l’appuntamento degli Autorganizzati dello spettacolo e Professionisti spettacolo e cultura, sostenuti dalle Camere del lavoro autonomo e precario (Clap). Raggiungeranno la piazza confederale con una rivendicazione che supera lo steccato di categoria: reddito universale, almeno fino alla fine della crisi. «Pensiamo che l’unica battaglia che in questo momento abbia senso – affermano in una nota – sia quella che vede lavoratori e lavoratrici di tutti i settori, disoccupati/e, cittadini/e, rivendicare con forza la centralità della salute e del reddito. Siamo consapevoli che l’unico modo di vincerla è lottare insieme». La loro mobilitazione continuerà anche nel pomeriggio, con un presidio davanti al Ministero dello sviluppo economico a partire dalle 16.

Completano il quadro i due appuntamenti indetti dall’Unione sindacale di base (Usb): alle 10 davanti alla Regione Lazio con il personale medico-sanitario e in difesa della sanità pubblica; alle 17.30 in piazza San Silvestro con i lavoratori di turismo, ristorazione, alberghi, spettacolo, palestre e piscine, tassisti e partite Iva. Le rivendicazioni di Usb, che nei giorni scorsi ha convocato presidi anche a Cosenza, Bologna, Napoli e Livorno, sono tre: un reddito che copra tutta la fase della crisi e dell’emergenza sanitaria; lockdown veri capaci di isolare e sconfiggere il virus; mezzi e personale nella sanità pubblica sufficienti a far fronte all’emergenza pandemica.

Napoli, la manifestazione del 26 ottobre (foto LaPresse)

Sabato, invece, l’appuntamento è alle 18 in piazza Indipendenza. «È il momento» recita il comunicato di lancio discusso in un’assemblea affollata come non si vedeva da tempo. Si è tenuta mercoledì scorso nell’occupazione abitativa di viale del Caravaggio. Movimenti sociali, reti di solidarietà, sindacati di base, organizzazioni studentesche, comitati di quartiere e associazioni si sono incontrati per organizzarsi insieme.

«Vogliamo un reddito universale, vogliamo una patrimoniale che tassi i milionari e le multinazionali, vogliamo che vengano fermati sfratti e sgomberi, vogliamo un investimento nel comparto medico e l’aumento dei posti in terapia intensiva, vogliamo una scuola di qualità su cui si investa, vogliamo sostegno alle attività culturali e sociali del paese», scrivono. Lo slogan napoletano «Tu ci chiudi tu ci paghi» echeggia anche in questa convocazione, che promette di sfidare i divieti e muoversi in corteo verso il Ministero dell’economia e finanza.

Due chilometri e mezzo a ovest, in piazza del Pantheon, si vedranno invece negazionisti ed estremisti di destra dietro la sigla «Mascherine tricolori», già usata nei mesi scorsi da Casapound che sta rilanciando l’appuntamento dai suoi siti di riferimento.

La cartografia delle piazze romane riflette bene la situazione generale del paese. Tanti i gruppi che scendono in piazza, scomposte e a volte contraddittorie le rivendicazioni. Chi nei giorni scorsi ha parlato di una comune organizzazione dietro gli scontri – chiudendo gli occhi sulle grandi differenze tra le piazze di Napoli, Roma, Milano, Torino, Palermo, Catania – è stato smentito persino dalla ministra dell’Interno che giovedì ha dichiarato: «Non è emersa una regia unica».

Il disagio sociale e la rabbia non sono proprietà di qualche gruppo, ma costituiscono un campanello d’allarme per chi sta al governo e per chi, come il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, non passa giorno senza attaccare le misure economiche a sostegno delle persone più in difficoltà e il blocco dei licenziamenti. Senza forme di welfare davvero universali il paese difficilmente reggerà una seconda ondata.