Il fantasma di Erich Priebke per il momento si aggira senza pace a Roma, dove si è spento serenamente venerdì scorso all’età di 100 anni appena compiuti, nel suo appartamento di via Cardinale Sanfelice. Nessuno vuole accogliere il suo feretro né per le esequie né per la sepoltura, nella città medaglia d’oro alla Resistenza dove il «boia» nazista, condannato nel ’98 all’ergastolo per l’eccidio delle Fosse Ardeatine, ha vissuto negli ultimi anni la lunga disputa giudiziaria e alla fine gli arresti domiciliari.

Per il Vicariato «non è prevista nessuna celebrazione esequiale», come ha riferito il portavoce don Walter Insero. E il sindaco Ignazio Marino, subissato di messaggi, appelli e lettere, ieri ha assicurato: «Per quanto mi riguarda compirò ogni azione per impedire la sepoltura di Priebke a Roma. Non si possono cancellare la storia e le ferite profonde della città». Anche se, ha aggiunto, «la normativa vigente, purtroppo, al momento non consente al Comune di Roma di rifiutare la sepoltura di chi muore nel suo territorio». Mentre il questore Fulvio della Rocca spiega in una nota ufficiale che «d’intesa col prefetto Giuseppe Pecoraro», il suo ufficio «vieterà qualsiasi forma di celebrazione in forma solenne e pubblica».

Eppure il funerale si terrà martedì, molto probabilmente nella parrocchia del quartiere dove Priebke abitava, in zona Boccea. Perché come spiega il suo avvocato Paolo Giachini – che ieri ha diffuso una lunga intervista-testamento rilasciata a luglio, a ridosso del suo centesimo compleanno, quasi un manifesto politico della lucida follia nazista – «i Patti Lateranensi prevedono che ciascuno possa fare pratiche religiose laddove la sede lo consente. Per cui anche Priebke ne ha diritto. La chiesa è dei fedeli e lui era un fedele». Anche alcuni esperti di diritto canonico interpellati ieri dalle agenzie di stampa riferiscono che «nel dubbio non si nega a nessuno la cerimonia funebre religiosa». D’altronde, come spiega don Davide Scito, dell’Università Pontificia Santa Croce, «il cardinale Schuster mandò don Giovanni Barbareschi a benedire la salma di Mussolini».

Si terranno dunque «in forma privata», anche se nessuno può impedire l’afflusso di fedeli e dunque che i funerali si trasformino di fatto in una manifestazione di apologia criminale.

D’altronde la galassia nera romana e non solo è già pronta a salutare il comandante delle Ss con tutti gli onori. Anzi, ha già cominciato a farlo, in rete e perfino con una scritta e una svastica apparse ieri nei pressi dell’abitazione di Priebke, sebbene la strada sia super presidiata da militari e agenti di polizia. «Da tutta Italia sono arrivate offerte per ospitare Priebke nella loro tomba di famiglia – ha riferito l’avvocato Giachini – Anche un sindaco si è fatto sentire per offrire uno spazio nel cimitero del suo paese perché lo ritiene un atto di carità». Ma, a parte gli atti di carità che non si negano soprattutto ai peccatori, secondo il professor Scito il codice parla chiaro: il funerale religioso può essere negato solo a coloro che si suicidano o agli apostati e agli eretici che non si ravvedono. Per padre Ottavio de Bertolis, dell’ Università Gregoriana, invece, la cerimonia religiosa deve essere negate anche «ai peccatori manifesti per i quali le esequie sarebbero di pubblico scandalo».

Erich Priebke non si è mai pentito, è noto. Anzi, è stata sua precisa volontà lasciare ai posteri il suo manifesto ideologico del crimine nazista. Ma il pentimento è cosa seria. Come dicevano ieri molti esponenti della comunità ebraica romana che ricorda mercoledì il 70esimo anniversario della razzia del ghetto, «è solo per uomini, non per tutti gli esseri viventi».