Se Carlo Calenda voleva fare il candidato del centrosinistra per Roma, la partenza è andata decisamente male. Domenica sera da Fazio l’annuncio della candidatura dell’ex ministro, il day after ha segnato un gelo con il Pd che potrebbe tramutarsi in una vera rottura e uno scontro nelle urne.

Ieri Nicola Zingaretti ha ribadito le sue condizioni: «A Roma c’è una bellissima comunità di centrosinistra che sta discutendo un manifesto e un percorso per far decidere il candidato sindaco ai romani. Un percorso aperto a tutti coloro che vogliono partecipare, e quindi anche a Calenda». Difficile che il partito si sposti da questa linea. Mentre Calenda ha altro in testa: un tavolo nazionale coi leader per decidere il candidato «a un livello più alto».

«Il Pd ha detto no alle primarie a Napoli e in quasi tutte le regioni in cui si è votato», ha spiegato in una lunga diretta Facebook. «Com’è che esce fuori adesso di fare le primarie? Io non sono contrario per principio, voglio solo la garanzia che siano primarie vere, con larga affluenza. Siamo sicuri che si possano fare in epoca Covid? E se non le facciamo ora, quando le facciamo, a marzo? E da qui a marzo cosa facciamo? Io ho ricevuto un numero di attacchi dal Pd mai ricevuti, in un giorno. Facciamo così fino a marzo?».

«Se il Pd non mi vuole deve dire che non sono adatto per questa sfida», la conclusione del leader di Azione. In mattinata, ospite di La7, aveva definito i gazebo un percorso «privo di senso», uno «scontro tra truppe cammellate». E aveva invitato il Pd ad «accontentarsi» della sua candidatura, «visto che un loro candidato forte non c’è».

PAROLE ACCOLTE COME un atto ostile dai dem. Anche perché il vice di Calenda, Matteo Richetti, ieri ha postato un video di Salvatore Buzzi su La7 che parlava di primarie inquinate proprio dal ras delle coop coinvolto nell’inchiesta Mafia Capitale. Replica del vicesegretario Andrea Orlando: «E’ legittimo che Calenda si candidi e non voglia partecipare alle primarie. Ma è discutibile il tentativo di delegittimare lo strumento con argomenti stravaganti. Ogni anno la magistratura dopo ogni tornata elettorale apre inchieste su brogli e eventuali irregolarità. Ma nessuno si è azzardato a dire che le elezioni non vanno fatte».

ANCORA PIÙ DURO il segretario del Pd romano Andrea Casu: «Malgrado aperture e disponibilità nostra, ad oggi quella di Calenda è una candidatura che lui sta costruendo contro quello in cui il Pd crede: le primarie e il governo di cui siamo parte fondamentale. Purtroppo ancora una volta divide e la destra brinda».

In quelle due parole, «ad oggi», sta il sottile filo di una possibile ricomposizione. In cui pochi sperano. E del resto Calenda ha già detto che lui andrà avanti «fino in fondo», anche senza Pd, e sarà in pista a breve con un tour della Capitale, partenza dalle periferie, una bozza di programma e un concetto chiave: «Giudicatemi per quello che ho fatto da ministro. Di Maio ha risolto 4-5 tavoli di crisi in tutto, io 4-5 a settimana».

«Come primo atto ha scelto la fuga dalle primarie», ironizza Monica Cirinnà, già in campo da settimane. «Se non partecipa è lui che si è messo fuori dal centrosinistra, noi proseguiamo. Se il problema è il Covid si possono fare online». Sulla stessa linea anche altri candidati come Tobia Zevi e Paolo Ciani. Mentre il capogruppo Pd in Campidoglio Giulio Pelonzi lo sfotte: «Roma di Marchese del Grillo ne ha avuto già uno. E ci è bastato».

NELLA LUNGA GIORNATA di Calenda c’è spazio anche un botta e risposta su twitter con Fabrizio Barca, ex ministro della Coesione con Monti. Barca gli chiede conto di strategie e squadra per Roma. Lui replica: «Fabrizio, abbiamo esperienze e conoscenze complementari. Facciamo un ticket lavorando insieme». «I nostri bagagli tecnici non bastano, questo è il punto», la gelida chiosa di Barca.

Con Calenda si schierano Enrico Letta, Italia Viva e +Europa, e a sorpresa anche l’amico Lapo Elkann. Apre anche Patrizia Prestipino, che a Roma guida la corrente di Lotti e Guerini. Muro da Stefano Fassina e dai Verdi. Dalle parti di Calenda vedono il bicchiere mezzo pieno: «Ci vuole tempo…», dice Andrea Mazziotti. Se anche il Pd non confluirà, Calenda è convinto di prendernbe i voti. E di allagare il suo consenso anche al centrodestra non sovranista.