Parte adagiato tra i portici cosce di mamma Bologna questo Giro d’Italia edizione centodue. Ma di tempo per farsi cullare ce n’è poco, e presto ci si inerpica sul colle di San Luca, tra due ali di folla. Pendenze cattive, per un prologo di 8 km disegnato apposta per dare da subito qualche indicazione. E infatti la prima maglia rosa la indossa il favorito Roglic. Se è esagerato parlare di scoppola subita, è certo che gli altri big si ritrovano subito sul groppone dai 20 secondi in su. Per capirci, l’unico giapponese in gruppo è già fuori per via del tempo massimo. L’ultimo a vestire il simbolo del primato al prologo per portarlo fino in fondo fu Bugno, nel ’90 (non è un pronostico, per carità).

Domani si raggiunge la Toscana via Appennino e ci si resta per tre giorni; appena un assaggio di Sud e si risale l’Adriatico, ancora due giorni lungo la via Emilia e poi su in montagna, quella vera, per il pandemonio finale. In mezzo un’altra cronometro (si sconfina a San Marino), e bottino da spartirsi tra velocisti e cercatori di avventure giornaliere. Sempre che qualcuno tra i grandi non decida di far corsa pirata. Lo ha promesso alla vigilia Nibali nostro (“dove c’è spazio per l’inventiva, si può creare qualcosa”). Anche perché, rimanendo al lotto dei favoriti, c’è chi ha più birra di lui a cronometro, e qualche anno in meno (il siciliano sarebbe il vincitore meno giovane di sempre). Tra tutti Dumoulin, che al pari di Nibali inseguirà poi la doppietta al Tour.

E soprattutto Roglic, il più in forma, ma planato su questo Giro con l’incertezza di chi vuol vincere la sua prima corsa grande. Planato non a caso, ché lo sloveno viene da un passato da campione di salto con gli sci. Infortunio e riabilitazione in bicicletta, di qui la scoperta di potenzialità da fuoriclasse su due ruote. Altri da tenere d’occhio il colombiano Lopez, forse in salita il più forte, e Yates, che ci riprova dopo la debacle del 2018 nella pietraia del Finestre.

Infortuni assortiti hanno fatto fuori un ragazzo prodigio, Bernal, e Valverde: niente maglia iridata su e giù per lo stivale. Altro grande assente Aru, parlando di sfortuna al campioncino sardo andrebbe di diritto l’oscar (auguri). Sarà show nelle volate: tornano Gaviria, il Magnanimo, e Ewan, il Breve; ma il più forte fino ad oggi è stato l’azzurro Viviani. Tra chi non c’è più, ma è sempre presente, in questo sport che si nutre di memoria, a questo giro si passa a far visita, a casa loro, a Magni, Pantani e Coppi, che compie un secolo.