A concludere il congresso della Fiom, giusto poco prima della sfida tra Susanna Camusso e Maurizio Landini, non poteva che essere Stefano Rodotà. Il professore, amatissimo dai metalmeccanici e legato a doppio filo a Landini, ha esordito togliendosi qualche sassolino messogli nella scarpa dal presidente del consiglio: «C’è il populismo di Berlusconi – ha spiegato – e c’è quello di Grillo, ma c’è anche un nuovo populismo, più soffice, di Renzi. Come si può definire altrimenti l’atteggiamento di chi rifiuta il confronto con i corpi intermedi come il sindacato, per rimuovere forzosamente la complessità che c’è nella società?».

E non basta, Renzi viene anche accusato di voler realizzare un «neoautoritarismo, un autoritarismo soft, che mantiene le forme della democrazia e ne svuota la sostanza».

Brucia ancora al costituzionalista l’attacco del premier ai «professoroni» che lo criticano sull’Italicum e la riforma del Senato. Ma soprattutto, Rodotà è preoccupato dalla tenuta della democrazia: «Si vuole tenere fuori chi sta sotto l’8% – dice – Si intende dire a chi prenderà magari 3 milioni di voti che per lui non c’è posto. Si profila una concentrazione del potere che sovrarappresenterà pochi soggetti, i due partiti a cui si vuole ridurre il Parlamento, e lascerà fuori tutti gli altri. Il governo e la maggioranza della nuova Camera coincideranno, con l’opposizione che sarà simbolica. E tutto senza contrappesi adeguati negli organi di controllo: perché dallo stesso blocco verranno il presidente della Repubblica, i giudici della Corte costituzionale, i membri del Csm. E il Senato stesso non avrà sufficienti funzioni di controllo».

Rischio di autoritarismo, dunque: «Noi diciamo sì alla fine del bicameralismo perfetto – continua Rodotà – ma se la legge di bilancio e la fiducia le avrà la sola Camera, si costituisca allora un Senato elettivo, con legge proporzionale, così da assicurare la rappresentanza a tutti e poter avere contrappesi. Io sono stato deputato negli anni di piombo, e far entrare allora i partiti “extraparlamentari” fu un modo per evitare rischi di collateralismo con il terrorismo. Stiamo attenti, perché l’esclusione e la povertà hanno raggiunto ormai pesi insostenibili, e la politica non può cancellare il conflitto evitando il confronto».

Il professore pone un parallelismo tra due recenti pronunciamenti della Corte costituzionale: «Mi riferisco alle sentenze sulla Fiat e sul Porcellum, necessariamente collegate, perché vengono dalla stessa Consulta e parlano entrambe di rappresentanza». In una passata iniziativa della Fiom, tra l’altro, Rodotà aveva esplicitamente criticato il Testo Unico firmato anche dalla Cgil e attaccato dalla Fiom, rilevando dei possibili rischi di incostituzionalità: ma ieri, probabilmente a causa della presenza di Susanna Camusso – che lo ha ascoltato con attenzione seduta alla presidenza – su questo tema ha preferito non prendere posizione in modo esplicito, per non far precipitare la tensione.

Rodotà ha quindi confermato l’annuncio già fatto da Landini: il gruppo della «Via maestra» si appresta a «raccogliere le firme per un referendum sull’articolo 81 della Costituzione», in modo da abrogare l’obbligo del pareggio di bilancio. Subito dopo, ha elencato le battaglie che lo vedranno alleato alla Fiom di Landini: la richiesta al governo Renzi e al Parlamento di «abrogare l’articolo 8» voluto da Sacconi su pressioni della Fiat, «istituire un reddito minimo o di cittadinanza che dir si voglia», «approvare una legge sulla rappresentanza». Infine, «tornare a sperimentare nuovi modelli di partecipazione, come il bilancio partecipato nei comuni».