Prima che signore indiscusso della danza classica, prima che star dei teatri più prestigiosi, prima ancora che personaggio pop e icona dei nostri tempi, Roberto Bolle è un corpo. Il corpo maschile sublimato, liberato, raccontato in ogni dettaglio e offerto senza sosta (ma con pudore) allo sguardo dell’altro. Uno sguardo globale, non identitario, indifferenziato, così come indifferenziato, non identitario e globale si presenta quel corpo: perennemente in bilico tra giovinezza e maturità, struttura maschile e movenze femminee, innocenza e malizia, classico e contemporaneo, rigore formale e libertà di reinvenzione, naturalezza e sforzo, facilità di risultato e complessità estrema di preparazione.

23vis2framebolle2Frame_008

Un corpo allo stesso tempo oggetto e soggetto dello sguardo, che, proprio perché consapevole e asessuato, riesce a sollecitare e liberare un eros tradizionalmente riservato al corpo femminile: un feticcio ecumenico proprio perché tutto concentrato in sé, refrattario alla provocazione, intento a contemplarsi sulle superfici cristalline delle coreografie entro le quali si muove. Così, come sempre, in Roberto Bolle – L’arte della danza, documentario di Francesca Pedroni, presentato in anteprima al 34esimo Torino Film Festival nella sezione Festa Mobile e distribuito nelle sale cinematografiche da Nexo Digital (ancora oggi nelle sale), la star si offre allo sguardo del pubblico mentre guarda se stessa. E in quello sguardo risiede l’essenza della sua arte: la vista dell’esecutore permette l’esercizio del controllo che rende possibile la perfezione, così come la vista permette allo spettatore di riconoscere la perfezione, indipendentemente dalla sua consapevolezza dell’esercizio che essa presuppone.

 

Ispirandosi a modelli illustri come The Company di Robert Altman, Pina di Wim Wenders, Relève di Thierry Demaizière e Alban Teurlai, Mr. Gaga di Tomer Heymann, la camera della Pedroni penetra lo spazio scenico nel tentativo di scoprire l’essenza della danza, materiale e immateriale allo stesso tempo, soffermandosi sui dettagli, approssimando lo sguardo (eterno surrogato del tatto) ai corpi, ai muscoli, ai movimenti.

I passi a due e i passi a tre sono intercalati alle conversazioni con le étoiles amiche che partecipano al Roberto Bolle & Friends, evento itinerante concepito nel 2008, sul modello del francese Nureyev & Friends e del nostrano ma globalissimo Pavarotti & Friends, per raggiungere un numero sempre maggiore di spettatori non esperti di danza classica fuori dai teatri di tradizione, nei quali difficilmente metterebbero piede. Poiché il quadro necessita sempre di un’adeguata cornice, la «danza pop» di Bolle viene mostrata in alcuni dei luoghi più belli della penisola, come le Terme di Caracalla a Roma, l’Arena di Verona e perfino gli scavi archeologici di Pompei: la Pedroni, docente di Storia del balletto alla Scuola di Ballo della Scala, ha seguito Bolle e i suoi amici durante l’ultimo tour estivo, alla ricerca infaticabile della stessa bellezza senza tempo evocata nell’Apollon Musagete di George Balanchine con cui si apre lo spettacolo.