Con le riunioni territoriali dello scorso fine settimana che condurranno alla prima assemble nazionalea, seppur solo da remoto, della sua storia il Movimento 5 stelle comincia la sua mutazione. Roberta Lombardi, capogruppo alla Regione Lazio e membro del comitato dei garanti, ha partecipato all’assemblea romana e si è affacciata in altre riunioni territoriali.

Con lei discutiamo di questo passaggio-chiave, che definirà il programma, l’organizzazione e il regolamento interno del M5S del futuro prossimo. «Siamo entrando in una nuova fase – esordisce Lombardi – Dopo undici anni di vita di cui sette in parlamento ci troviamo a dover affrontare alcuni nodi. Sono passaggi di crescita, come quando passi dall’infanzia all’adolescenza».

Ha detto che, dovendo scegliere tra progressisti e conservatori, si schiererebbe coi primi.
Lo faccio scevra da ogni connotazione ideologica. Appena diventata capogruppo del Movimento 5 Stelle alla camera, nel 2013, mi dissero che ero filofascista. Adesso alcuni scrivono che «Lombardi è cattiva come solo i compagni possono essere tra di loro». Quando parlo di progressismo mi riferisco a una forza che opera per un’evoluzione graduale della società, e non attraverso cambiamenti traumatici. Negli anni abbiamo incanalato il malcontento in un processo democratico, questo è essere progressisti per me. Che poi questa parola sia appartenuta alla sinistra, per me non ha molto senso. Facendo la tara ai miei colleghi, ce n’è di qualunque provenienza. Su certi temi veniamo assimilati alla destra, come sull’immigrazione. Su cose, come reddito Di Cittadinanza e salario minimo, alla sinistra.

Dal capo politico Vito Crimi nel corso dei lavori è arrivato un invito a mantenere l’unità nonostante le differenze e le tensioni interne, anche per affrontare l’emergenza Covid. Il documento presentato da Barbara Floridia e appoggiato da Luigi Di Maio può fare sintesi tra le varie posizioni?
In quel documento, che trovo interessante, c’è un approccio scientifico. È frutto di interviste ad alcuni esponenti del M5S, le risposte a loro volta sono esito dell’evoluzione del M5S. Quella ricerca è interessante perché fornisce un’agenda, che può essere di spunto all’agenda del paese, ma che a sua volta è esito del lavoro che abbiamo fatto i questi anni. È una fotografia attendibile del M5S, ma mi aspetto che anche altro possa uscire dalle assemblee di questi giorni. E il lavoro che si farà nei tre tavoli di lavoro dell’incontro nazionale seguirà un po’ quel metodo, facendo sintesi tra i venti documenti prodotti dai tavoli regionali su principi e regole, organizzazione interna, agenda politica. Non a caso ci siamo rivolti a una società leader in Italia nel campo de processi deliberativi per portare avanti questo percorso.

Comunque la si pensi, la questione del tetto dei due mandati è una sliding door per le prospettive di molta della classe dirigente che in questi anni è cresciuta nel M5S, ma anche per gli assetti organizzativi. Pensa che su questo punto dagli Stati generali verrà fuori la parola definitiva?
Quello del limite dei due mandati elettivi è un nostro principio identitario: la politica non deve essere una professione. Nella discussione di questi anni però è anche emersa la questione della competenza. Se da una parte c’è la questione della politica come servizio civile, dall’altra c’è la competenza, che viene anche dall’esperienza. Questi due aspetti verranno esaminati e si prenderà una decisione definitiva, anche se saranno gli iscritti alla piattaforma Rousseau ad avere l’ultima parola, come prevede lo statuto.

Sembra proprio che la grande parte degli eletti spinga per costruire un’organizzazione più articolata, meno «liquida». Dai primi incontri ha avuto l’impressione che la base degli iscritti condivida questa prospettiva?
I nostri attivisti ce lo chiedono da anni. Un anno fa discutevo con Davide Casaleggio della possibilità di trovare un’organizzazione che coniugasse radicamento sul territorio e dimensione digitale, che in questo periodo di Covid è ancora più imprescindibile. La sfida è ancora quella.

L’esito degli Stati generali avrà ripercussioni anche sulle scelte dei candidati per le amministrative della primavera prossima?
Dipende da cosa emergerà dai tavoli regionali. Dobbiamo decidere che cosa vogliamo fare da grandi. Se si decide di fare alleanze sul territorio per essere forza di governo, si proverà a fare accordi dove possibile. Se invece decideremo di voler rimanere da soli a perseguire la propria agenda politica, rimarremo a fare opposizione.

Vale anche per Roma?
In quel caso chiunque è del M5S deve ossequiare questa indicazione.