«Bisogna rimanere umili e concentrati, persistendo sull’obiettivo. Dalle nostre parti diciamo che è importante ’tenere un piede nella porta’: perché se vuoi arrivare nelle altre stanze della casa, puoi farlo. Ma devi aspettare il tuo momento. Voglio dire che è importante iniziare da qualche parte, rimanendo fedeli al proprio sogno. Senza fermarsi mai, altrimenti si perderà l’occasione. Questa è la mia filosofia». La voce bassa e profonda di Robert Finley è accompagnata da un gesticolare ridotto, ma determinato, che ben supporta le parole dell’artista afroamericano. Al quale la sorte ha portato in dono la giusta opportunità: il musicista di Bernice, Louisiana, grazie all’incontro con Dan Auerbach, ha visto alla tenera età di sessantatre anni iniziare una carriera musicale di respiro internazionale.

L’uomo dei Black Keys nel 2015 è rimasto stupito dalla potenza e dalla duttilità vocale del bluesman, al punto tale da metterlo sotto contratto con la sua etichetta, la Easy Eye Records. Dapprima la partecipazione alla colonna sonora di Murder Ballads e poi la pubblicazione di Goin’ Platinum del 2017, ne hanno consacrato la validità artistica. A godere del talento di Finley, è stato il numeroso pubblico che ha affollato lo scorso diciannove luglio Piazza Molinari, presso il comune di Fiorenzuola D’Arda, in provincia di Piacenza. Finley ha superato ogni aspettativa: grazie ad una voce non comune in bilico tra r’n’b della vecchia scuola, soul e blues, ha entusiasmato gli astanti, impadronendosi del palcoscenico con consapevolezza e carisma, sia con la band che in fase solista. L’anteprima italiana del suo concerto è stato uno degli eventi della quattordicesima edizione del festival Dal Mississippi al Po, rassegna che nelle narrazioni dei suoni blues e afroamerican, impegna la sua esistenza sin dagli esordi.

Un cartellone ricco e composito, che ha proposto tra l’undici e il ventidue luglio, una variegata offerta artistica. A brillare è stata l’iridescente stella di Trombone Shorty assieme ai suoi Orleans Avenue, i quali hanno proposto la miscela di suoni con la quale si sono imposti negli ultimi anni. Jazz, funk-rock, ritmiche tradizionali della second line di New Orleans e soul, sono gli ingredienti con i quali il talentuoso musicista di Nowlins e i suoi sodali hanno coinvolto gente di ogni età che non ha resistito all’impulso ritmico profuso dalla band. La formazione, ad oggi indiscutibilmente la realtà più importante della Crescent City, sta confermando la caratura internazionale raggiunta, anche grazie ad un lungo e intenso tour mondiale che di recente l’ha vista protagonista assieme a Jack White, anche al Montreaux Jazz Festival.

Molti gli spettacoli di rilievo proposti dal cartellone, come il live set dello statunitense Eric Bibb, il quale ottimamente accompagnato dal chitarrista svedese e session men di lungo corso Staffan Astner, ha concluso il festival nel migliore dei modi il giorno ventidue luglio Note di segnalazione per il live delicato e leggero proposto da Corey Harris con il suo trio composto da Hook Herrera e dall’italiano Lino Muoio, e per la scoppiettante e allegra Soul Brass Band da New Orleans. Interessante anche la sezione letteraria della rassegna, che fra i vari libri presentati, ha visto spiccare la presentazione in anteprima del libro Lettere dal Carcere di Nelson Mandela e a cura di Sahm Venter, con la presenza di Luigi Manconi, dello scrittore nord irlandese Sam Millar e del traduttore del testo Seba Pezzani.