Si pensi ad un artista visivo, che, dotato di una forte cifra stilistica, realizza sempre nuove opere, nelle quali si possono sì riconoscere facilmente certi stilemi e ritrovare una peculiare impronta, ma in forme continuamente mutevoli e senza perdita di energia espressiva. Sul piano musicale, è l’effetto che fa il lavoro di Rob Mazurek: per quanto si abbia familiarità con certi ingredienti della sua musica, con certi tratti ricorrenti, con Mazurek non ci si annoia mai, c’è sempre un senso di novità e di freschezza.

Galactic Percussion Unit dal vivo alla Sala dei Giganti al Liviano, foto di Luciano Rossetti

LO SI È POTUTO CONSTATARE una volta di più in tre appuntamenti italiani: con la collaborazione di Area Sismica di Forlì, Emilia Romagna Teatro ha avuto l’intelligenza di portare a Cesena, in esclusiva europea, l’Exploding Star Orchestra, che domenica scorsa si è esibita in un Teatro Bonci pressoché al completo, quasi 600 spettatori; cogliendo l’occasione data dall’iniziativa dell’Ert, il Centro d’Arte dell’Università di Padova, per il quale Mazurek è una vecchia conoscenza, ha pensato di riproporre il trombettista con due concerti, il 26 al Teatro Torresino, dove Mazurek ha fatto l’esaurito con due progetti diversi, New Future City Radio e Chicago-Sao Paulo Underground, e il 27 alla Sala dei Giganti al Liviano, dove l’inedito Galactic Percussion Unit ha richiamato un folto pubblico.

Lo stesso Mazurek è anche artista visivo, e tutt’altro che banale, e anche questo versante della sua formazione ha certamente a che vedere con quello che i suoi album così come le performance live trasmettono: lungi dalla routine o dall’intrattenimento, vi si rintraccia sempre l’esigenza dell’unicità di un’opera, di una valenza spiccatamente contemporanea, di un deciso segno artistico. Mazurek da adolescente ha studiato allo stesso tempo Monk, Miles Davis, e Bartok, Webern, Berg, Schönberg, ed è cresciuto musicalmente in una città come Chicago con una corroborante tradizione e presenza di avanguardia jazzistica. Emerso negli anni novanta con l’esperienza di Chicago Underground, che rielaborava in maniera innovativa la lezione del free jazz, nel 2005 ha dato vita alla Exploding Star Orchestra. Oltre al leader alle trombe, a Cesena la compagine allineava Damon Locks, spoken words ed elettronica, Angelica Sanchez, piano, Ingebrigt Haker Flaten, contrabbasso, Pasquale Mirra e Victor Vieira-Branco, vibrafoni, Thomas Rohrer, ribeca e sax soprano, Chad Taylor e Mikel Patrick Avery, batterie, Mauricio Takara, percussioni ed elettronica (norvegese Haker Flaten, italiano Mirra, brasiliani Vieira-Branco, Rohrer e Takara, statunitensi gli altri).

NEL CAMPO delle musiche di area jazzistica oggi non sono molte le proposte orchestrali davvero d’avanguardia, e la Exploding spicca per la sua vivacità, per la capacità di presentarsi in maniera sempre rinnovata: non tanto per i ritocchi di organico – come qui la novità di due vibrafoni invece di uno, o l’assenza di altri fiati oltre a Mazurek, a parte un breve momento di Rohrer al soprano – o per il materiale preparato per l’occasione (Psycho Chambers – Prisms 1, 2 e 3), ma per la felice coniugazione di temi scritti/passaggi arrangiati e di improvvisazione, che non si dà come banale alternanza dei primi con la seconda, ma come una vera fusione che avviene in tempo reale sul palco, come una generale effervescenza ricca di mutamenti di situazioni e atmosfere, di stacchi e di incalzanti cambiamenti di tempo, di movimento continuo della base ritmica, le batterie – l’implacabile Taylor – le percussioni e il poderoso basso di Haker Flaten. L’arte dell’orchestrazione dal vivo Mazurek l’ha imparata sul campo ma gli esempi non gli sono mancati: «Effettivamente è influenzata da Miles, soprattutto il Davis dei gruppi elettrici – ci dice – Miles è stata una delle mie più profonde ispirazioni, fin da quando ero giovane e tutt’ora. Ma mi ha influenzato anche il modo di dirigere di Sun Ra, e l’Art Ensemble of Chicago, dove invece non c’era nessuno che dirigesse».

Rob Mazurek
Miles Davis è stato una delle mie più profonde ispirazioni, ma mi ha influenzato anche il modo di dirigere di Sun Ra, e l’Art Ensemble of Chicago, dove non c’era nessuno che dirigesseMazurek è un leader bianco che interpreta (anche) una metodologia nera; il presupposto è il rapporto consolidato con i musicisti con cui lavora nei suoi gruppi: «Suono con Chad da quarant’anni, quindi basta uno sguardo e lui sa cosa sta succedendo. I musicisti conoscono il mio vocabolario, del resto la mia conduzione è piuttosto basilare, ci saranno magari una decina di cose che faccio e a cui devono fare attenzione». Mazurek non liscia il pelo al pubblico, ma nella sua contemporaneità non c’è cupezza, c’è invece un vitalismo e una positività di fondo che permettono agli ascoltatori di entrare in sintonia con una musica non all’acqua di rose: il pubblico ha risposto con grande calore. A Cesena per la prima volta in Italia un set di Mazurek è stato corredato da un aspetto video, che ha attinto a suoi lavori; in apertura la scritta «Stop the killing»: Mazurek, buddista, non alludeva solo a Gaza, ma a tante altre uccisioni, anche nelle città americane, ma in questo spezzone di video fra i colori, presi da suoi quadri astratti, dominavano nero, verde e rosso della Palestina.

AL TORRESINO il paesaggio sonoro metropolitano di New Future City Radio, in duo con Locks, spoken words, elettronica e voci campionate, era meno saturo e convulso del giugno scorso a Novara Jazz, quando il progetto era al debutto: «Intanto improvvisiamo, e poi siamo d’accordo sul fare una cosa diversa ogni volta, con un assortimento di campionamenti radiofonici differente, per sorprenderci noi stessi». Poi con l’ingresso di Taylor e Takara e l’uscita di Locks il set è transitato senza soluzione di continuità a Chicago-Sao Paulo Underground.
Infine, al Liviano, entusiasmante il Galactic Percussion Unit, con Mazurek (tromba e trombino, elettronica, campanacci e voce), Locks, Taylor, Avery, Takara e Mirra; potenti pulsazioni elettroniche, momenti melodici di Mazurek in cui aleggia Don Cherry, ritmi galoppanti, la luminosità del vibrafono di uno straordinario Mirra, e un fantastico senso delle pause e dei silenzi: in un flusso travolgente, un eccezionale esempio di gestione della spontaneità.