Nel Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo, istituito nel 2011 in un ex residence dei militari americani in servizio a Sigonella, è scoppiata l’ennesima rivolta.

Alcuni degli ospiti del centro più grande d’Europa – che potrebbe accogliere 2000 persone, ma di fatto ne ospita 4000 – hanno occupato nella mattinata di ieri la strada statale 417 che collega Catania a Gela, impedendo il transito alle automobili di passaggio, sfondando il parabrezza di una vettura parcheggiata in una vicina stazione di servizio e il vetro laterale di un bus di linea extraurbana.

Le forze dell’ordine hanno dovuto deviare il traffico sulla strada provinciale che porta a Palagonia. Dalla testimonianza di una donna che vive nel paese, apprendiamo che «Mineo è chiusa, non si può nè entrare nè uscire, una trentina di residenti del Cara hanno occupato il bivio. Sassi enormi, bottiglie rotte, cassonetti e spazzatura a bloccare la strada». Alcuni cineoperatori sono stati aggrediti. Nel tardo pomeriggio è tornata la calma, grazie anche all’intervento di altri profughi ospiti del centro, che non avevano preso parte alla protesta.

Le ragioni sono sempre le stesse e sono quelle che, a cadenza quasi mensile, rendono Mineo teatro di disordini. Le condizioni di sovraffollamento in cui i migranti sono costretti a vivere, esasperate dai tempi lunghi della burocrazia per l’ottenimento dello status di rifugiati, fanno sì che l’impazienza, comprensibile in chi – dopo aver attraversato il deserto e il mare – è ad un passo dal sogno di una nuova vita in Europa –, covi sotto la cenere fino ad esplodere incontenibilmente. «Il problema risiede in un modello di accoglienza sbagliato, a fronte del fatto che sia ormai confermato da tutte le buone prassi vigenti che l’unico modello per un’accoglienza dignitosa dei richiedenti asilo sia quella diffusa ed integrata sul territorio, e liberata una volta per tutte dalla logica emergenziale», conferma Borderline Sicilia, che dal 2011 monitora il centro di Mineo.

Per Leone Venticinque, del Comitato cittadino «Mineo prima di tutto», il Cara è considerato da molti un centro di affari. «L’ultima campagna elettorale è stata incentrata sulla promessa di posti di lavoro dentro il Cara, definito addirittura come “la migliore e più efficiente azienda del Calatino”. E chi ha fatto queste promesse è stato eletto». «La sofferenza e i disagi dei migranti e dei cittadini di Mineo devono trovare delle risposte serie nella politica. Occorrono 4 milioni di euro al mese, per tenere in piedi il centro. Questi soldi trovano impiego in forme privatistiche, tramite appalti che aumentano i rapporti tra mafia e politica», denuncia.

Il rischio, per Venticinque, è che il malcontento causato da una politica di sfruttamento e cattiva gestione del centro possa degenerare: «Molti gruppi di estrema destra stanno nascendo nella provincia calatina». Forti dubbi sussistono anche sul Consorzio che gestisce la struttura, al quale il Comitato «Mineo prima di tutto» aveva proposto di adottare il Protocollo Carlo Albero Dalla Chiesa, che consente di impedire infiltrazioni mafiose e gestioni clientelari nei consorzi di cooperative. La proposta non è mai stata accolta, né presa in considerazione dal Consorzio, sottolinea Venticinque.

Intanto gli sbarchi in Sicilia non registrano interruzioni. E rendono sempre più urgenti le problematiche legate al primo soccorso e all’accoglienza. Due barconi che trasportavano 250 migranti, siriani e alcuni egiziani, sono stati soccorsi ieri nel Canale di Sicilia. Le imbarcazioni sono state prima intercettate dalla nave della Marina militare Maestrale, impegnata nell’operazione di pattugliamento del Mediterraneo «Mare nostrum», decisa in seguito agli ultimi naufragi, e successivamente agganciate da due motovedette della Guardia costiera. Poco prima di mezzanotte gli immigrati sono stati trasbordati sulle unità che in seguito hanno diretto la rotta verso il porto grande di Siracusa.