Sono 29 tra i prigionieri e 3 tra le guardie le vittime della rivolta avvenuta in Tajikistan nel carcere di Vahdat, a 10 km dalla capitale Dushambé. Secondo quanto riportato dalla Tass la strage sarebbe stata la conseguenza del tentativo «di evasione di alcuni militanti dell’Isis che con rudimentali coltelli avrebbero rapito alcuni secondini». Non si tratta del primo caso di questo genere: lo scorso novembre una rivolta nel carcere di Chudjande si concluse con l’uccisione di 13 guerriglieri mentre a ottobre una sommossa guidata sempre da ex-Isis si era conclusa con la morte di 25 detenuti.

Negli anni ’90 il paese centroasiatico era stato teatro di una sanguinosa guerra civile tra le forze del Partito della rinascita islamica e quelle del governo guidato dal Partito democratico di Rahmon che aveva provocato decine di migliaia di morti e oltre un milione di profughi tra la popolazione civile. Il fondamentalismo islamico è comunque restato attivo nel paese anche negli anni recenti e ha fornito molti foreign fighers allo Stato islamico in Iraq, Afghanistan e Siria.

Recentemente la situazione si è complicata perché molti tajiki ex-Isis sbandati hanno raggiunto le fila del «Battaglione internazionale Sheikh Mansur», un gruppo armato volontario del fondamentalismo islamico che partecipa al conflitto armato nel Donbass a fianco delle forze di sicurezza ucraine. Per questo motivo parte dei detenuti tajiki proverrebbero dall’Europa e sarebbero stati estradati recentemente dalla Bielorussia e dalla Russia dove stavano cercando di organizzare cellule terroristiche pronte ad attivarsi nelle grandi città russe.

Rahmon, in precedenza dirigente comunista, guida uno dei paesi più poveri del mondo (164° nel rating mondiale per Pil procapite) con il pugno di ferro sin dalla sua indipendenza dall’Urss nel 1991, mentre mantiene ottime relazioni con la Federazione Russa di Putin dove vive e lavora il 12% della sua popolazione totale, oltre un milione di migranti.

Il Tajikistan è sotto costante osservazione da parte delle organizzazioni per i diritti umani. Secondo Amnesty International gli avvocati dei prigionieri politici sono costantemente perseguitati, le ultime elezioni non hanno garantito i minimi standard di libertà di voto e le libertà sindacali oltre che i diritti umani sono inesistenti.