È passato un po’ di tempo dalla pubblicazione dell’ultima prova di narrativa di Giorgio Mascitelli. Era il 2017 e si trattava di una raccolta di racconti, intitolata Notturno buffo (recensita su il manifesto del 23 ottobre 2018). A distanza di sette anni, l’autore torna in libreria con Fischi per fiaschi (DeriveApprodi, pp. 96, euro 12).

È UN OGGETTO LETTERARIO non semplice da definire: racconto lungo, romanzo breve? Ed anche la struttura narrativa è complessa. Risulta, infatti scritto in parte in prima persona e in parte in terza, con l’alternarsi delle voci del protagonista e del narratore onnisciente (che in realtà risulta essere quasi un ulteriore personaggio nell’economia del testo). Del resto Fischi per fiaschi è il capostipite di una nuova collana di DeriveApprodi, diretta appunto da Mascitelli e denominata Sconfini, in cui «troveranno spazio scritture di sconfinamento tra i vari generi: narrativa, sia romanzo sia racconto, aforismi, poesia in prosa, scritture di contaminazione tra tutto ciò», con l’obiettivo primario «di proporre opere che scompaginino le aspettative». Se queste sono le premesse, bisogna dire che il piccolo romanzo si rivela essere un ottimo inizio. E non solo per la struttura, ma anche per la trama e per lo stile della scrittura.

SI NARRA, infatti, di un informatico, Gian John Ricchieri che ha il vizio di fischiettare in maniera compulsiva. La sua vita sembra svolgersi senza scosse fin quando viene scelto dall’azienda per cui lavora, insieme a «quello della Rsu che fuma come una ciminiera» e alla «comunque affascinante Maria Sole Marigoni», per una sperimentazione che ha a che fare con l’intelligenza artificiale. I tre, durante l’orario di lavoro, dovranno portare al polso un dispositivo che non si sa bene a cosa serva. L’azienda è stata da poco venduta agli americani, si tratta forse dell’anticamera del licenziamento? O forse sono i prodromi di una ristrutturazione più vasta? La storia si dipana mettendo in scena una serie di episodi tra il comico e il sarcastico, narrati nell’inconfondibile stile di Mascitelli.

UN LINGUAGGIO dove si mescolano registri alti e bassi, riferimenti e citazioni degli ambiti più diversi. Si va così da il mondo che non si è fermato mai un momento (Mascitelli dice «un istante») di Jimmy Fontana a La roba di Verga; dal protagonista che sbaglia strada nel cimitero di sveviana memoria, al tormentone delle telefonate promozionali di altri gestori telefonici che gli offrono «mille e un messaggio al mese in offerta in un comodo pacchetto», mentre lui si immagina a «compitare mille e un messaggio al mese» e si sente naufragare. Insomma, passando dall’ironico, al comico, al sarcastico, e raggiungendo spesso livelli esilaranti, in un mondo dominato dai vari rating (che investono tutto, dai condomini ai treni per pendolari), dove non si ha «più tempo di incontrare il male di vivere» e «dove non siamo più ai tempi di Kafka», la storia si avvia verso una conclusione inaspettata.
Anche se la critica, radicale e corrosiva, alla società emerge dirompente, «questo non è un romanzo di denuncia sociale», come afferma lo stesso Gian John nelle prime pagine.
Eppure, nelle righe finali si legge: «È curioso come persista nell’uomo un istinto di simpatia solidale a dispetto di un’educazione sociale, per esempi e per parole, in senso opposto. È curioso come alcuni esemplari della specie insistano nel cercare corrispondenze quando etologicamente si potrebbe pensare che si è ormai imboccata una via opposta».