L’epoca moderna e il suo apparato scientifico e tecnologico sono nati da un mito e da un metodo. Il mito è quello biblico: l’imperativo divino all’uomo di custodire e dominare la Terra.

L’UOMO MODERNO ha preso sul serio il compito di dominare la natura, e l’ha messo in atto attraverso un metodo: la quantificazione, la matematizzazione di ogni aspetto della vita, il disincantamento del mondo rispetto a ogni valore qualitativo e non padroneggiabile more geometrico. L’ignoto, l’imprevedibile, così come ciò che non è immediatamente razionalizzabile sono stati messi fra parentesi, in favore di una precisa quadrettatura matematica della realtà, volta a contenere entro schemi teorici prestabiliti ogni fenomeno. Ma questo disincanto si è presto trasformato in una gabbia d’acciaio, resa ancora più angusta dalla svolta neoliberale che l’ha seguito.

Alla quantificazione matematica atta a trasformare l’imprevedibile in previsto e governabile, si è sostituita l’efficienza neoliberale, per cui l’unico dettame da soddisfare è quello della riduzione dei costi nell’inseguimento di fini ormai non più alla portata dell’umano, ma sotto il dominio del tecnocapitalismo e della sua economia finanziaria.

La modernità ha messo al bando ambiguità, incertezza, ignoto. Ne abbiamo guadagnato in eguaglianza, libertà, diritti, salute. Eppure non mancano crescenti diseguaglianze, regimi illiberali in cui la violenza è esplicita o strutturale, diritti garantiti solo a poche classi dominanti, così come le prospettive di vita rese disponibili da una scienza in larga parte asservita a oligopoli.

QUANTO ALLA SINISTRA, si è registrato uno scivolamento dalla difesa degli sfruttati verso un certo imborghesimento e verso la tutela del buon cittadino. l’ambiente capitalista con le sue storture è inevitabile, se non perfino desiderabile, e va abitato incarnando le virtù etiche della conservazione.

La sinistra si è lasciata abbacinare dall’efficienza tecnica e dalla precisa economizzazione dei rapporti sociali. E così è caduta nella connivenza con le strutture che sostengono e legittimano la deriva neoliberale del mondo. Materialismo magico. Magia e rivoluzione, curato da Stefania Consigliere (DeriveApprodi, pp. 306, euro 20), mette in crisi questo scenario instillando il dubbio che esso non possa cambiare se le soluzioni vengono forgiate mediante gli stessi strumenti che producono il problema.

I saggi raccolti suggeriscono un nuovo rapporto con il magico, non tanto in un banale reincantamento del mondo, quanto in un coraggioso avvicinamento a una verità conflittuale, regionale, storica, contingente. Non più la stessa unica verità senza alternative, bensì un nuovo materialismo che osserva la materia nei suoi aspetti vitali, nella sua storicità, nella commistione tra organico e inorganico, nella profonda relazionalità conflittuale da cui scoccano, come scintille, i fenomeni.

UN APPROCCIO interdisciplinare in cui l’antropologia, decentrando la nostra prospettiva etnocentrica, aiuta a frugare gli angoli meno esplorati dell’esperienza umana, angoli reconditi in cui può nascondersi la nostra salvezza.