Rito a rischio boomerang più che prima mobilitazione anti-Zaia. Le Primarie della (monca) coalizione in Veneto non entusiasmano il «popolo di centrosinistra» chiamato ai 563 seggi senza nemmeno più l’obbligo di pagare due euro. Tant’è che lo staff ha ordinato solo 75 mila schede con i nomi di Alessandra Moretti, Simonetta Robinato e Antonino Pipitone. Un anno fa per «incoronare» Renzi segretario del Pd votarono in 170 mila.

È manifesta fin dalla vigilia la diserzione dalle 700 urne aperte dalle 8 alle 20 grazie ai volontari dei circoli. I numeri (anche del tesseramento 2014) restituiscono spietatamente l’impasse politica. Tanto per cominciare, le Primarie per la scelta del candidato governatore hanno dovuto superare un percorso ad ostacoli: si preferiva l’«incoronazione» per acclamazione al Nazareno. Poi erano annunciate a metà dicembre, ma sono state anticipate con inevitabili problemi nella raccolta delle firme. Infine, rappresentano di fatto un «sondaggio» perché perfino Pipitone (consigliere regionale dell’Idv) proviene dalla Margherita. Nessuno lo ammette, tuttavia i vecchi Ds non digeriscono la scontata vittoria di Moretti. Ha debuttato in politica a Vicenza con i «Popolari» di Giorgio Carollo, che era il segretario veneto di Forza Italia. Ma la nuova primadonna Pd lascia di stucco per la propensione ondivaga, tanto nelle interviste quanto nel passare da portavoce di Bersani alla mozione Cuperlo fino ai seggi renziani di Montecitorio e Bruxelles.

In alternativa c’è la trevigiana Rubinato, classe 1963, già sindaco di Roncade e ora deputato. «Il vero cambiamento è possibile solo quando la forza di realizzarlo viene dal basso, dai cittadini liberi» scandisce in modo eloquente. E in molti non dimenticano il «killeraggio» nel 2010 della candidatura di Laura Puppato a vantaggio del sussidiario Giuseppe Bortolussi (direttore della Cgia di Mestre) che finì addirittura sotto la soglia del 30% dei consensi.
Ciò che resta dei dipietristi veneti incarna la «coalizione». Così si esalta ancor di più l’autosufficienza Pd rispetto alla sinistra veneta, al mondo dell’associazionismo e ai comitati territoriali.

Comunque, si vota anche a Castelfranco (32 mila abitanti in provincia di Treviso) per il candidato sindaco: in lizza Laura Viola, Claudio Beltramello e Alessandro Boldo. In Polesine, pesa la restituzione della tessera da parte di Vinicio Piasentini (sindaco di San Martino di Venezze e vice presidente della Provincia) in aperta contestazione al segretario provinciale Julik Zanellato. E sulle Primarie aleggia soprattutto lo spettro dei cinque deputati dissidenti sul Job’s Act: Rosi Bindi, presidente della Commissione Antimafia; Margherita Miotto, ex assessore regionale alla sanità; i veneziani Michele Mognato, già vice sindaco, e Davide Zoggia, braccio destro di Bersani in segreteria; Alessandro Zan, che ha abbandonato Sel insieme a Migliore. E proprio a Venezia la partecipazione diventa termometro dell’estenuante rincorsa alle Comunali 2015. Con il Pd ingabbiato dai veti incrociati, esce allo scoperto Sebastiano Bonzio di Rifondazione: «Mi candido alle primarie per sindaco perché la città deve ripartire dal sociale, dal lavoro e dalla solidarietà».

Nel frattempo, a Ca’ Foscari si registra la sollevazione studentesca per la ventilata offerta del Dipartimento di Economia di una cattedra (diritto commerciale del turismo) all’ex sindaco Giorgio Orsoni, arrestato nell’inchiesta Mose e rientrato in Università. Chiosa Marta Canino del collettivo Saperi Critici: «Sembra un’exit strategy. Non ci ergiamo a giudici, tuttavia tra Renato Brunetta e Paolo Costa sono molte le situazioni che il nostro Ateneo deve ancora chiarire con la necessaria trasparenza».