Alla fine Francesca Barracciu ha gettato la spugna. Indagata dalla procura di Cagliari per i fondi ai gruppi del consiglio regionale sardo e rinviata a giudizio con l’accusa di aver utilizzato in maniera illecita 81mila euro, la sottosegretaria ai Beni culturali ha deciso di dimettersi. Già da quando il suo nome era entrato nell’inchiesta, le richieste delle opposizioni di centrodestra e dei 5 Stelle perché lasciasse l’incarico erano state pressanti. Dopo il rinvio a giudizio, e con la questione Marino ancora aperta a Roma, la posizione dell’ex parlamentare europea del Pd è diventata ancora più critica. Perché Marino via per quattro scontrini e Barracciu no? La rinuncia era nell’aria e ieri è arrivata puntuale.

Ora Barracciu dovrà presentarsi in veste di imputata il prossimo 2 febbraio davanti alla seconda sezione penale. «Mi dimetto – ha scritto ieri l’esponente Pd – per avere tutta la libertà e l’autonomia necessarie in questa battaglia, dalla quale sono certa uscirò a testa alta». «La notizia del rinvio a giudizio – ha aggiunto – mi colpisce e mi amareggia. Sono fiduciosa nel percorso della giustizia e affronterò il processo con determinazione e serenità, nella certezza di essere totalmente innocente. Voglio inoltre evitare che strumentalizzazioni politiche e mediatiche coinvolgano l’attività del governo e il processo di riforma e di cambiamento che sta portando avanti per il bene del paese».

Lo scorso settembre Barracciu era stata protagonista di un episodio che l’aveva portata al centro di una polemica aspra con i sindacati dei dipendenti del beni culturali. Per attaccare le organizzazioni dei lavoratori che avevano convocato un’assemblea bloccando per diverse ora l’ingresso ai più importanti siti archeologici di Roma, la sottosegretaria aveva scritto su Twitter che era stato commesso un reato. Di fronte alla pesante reazione dei sindacati – che l’assemblea l’avevano convocata a norma di legge – Barracciu si era resa conto di avere esagerato e aveva risposto che quello commesso era un «reato in senso improprio». Impropria è, per la procura di Cagliari, la spesa da parte dell’ormai ex sottosegretaria di 81mila euro di fondi assegnati ai gruppi.

L’accusa è collegata agli anni in cui l’esponente del Pd è stata consigliere regionale della Sardegna. La vicenda giudiziaria è cominciata all’indomani delle primarie del centrosinistra – vinte dalla stessa Barracciu – per la scelta del candidato alle regionali 2014. Allora l’ex europarlamentare aveva ricevuto un avviso a comparire (con altri 33 ex consiglieri), in cui le veniva contestata una cifra di 33 mila euro che, come lei stessa ha sostenuto in un primo interrogatorio, erano stati utilizzati tutti in rimborsi benzina per viaggi in giro per la Sardegna legati alla sua attività politica.

Tornata davanti agli inquirenti per un successivo interrogatorio, secondo i magistrati Barracciu non era riuscita a dare una spiegazione alle incongruenze che sarebbero state riscontrate su una seconda tranche di fondi percepiti e contestati, pari a 45mila euro circa. Così, travolta dalle polemiche, era stata costretta dal suo partito a fare il passo indietro, che ha lasciato spazio alla candidatura dell’attuale presidente della Regione, Francesco Pigliaru.

Dopo le elezioni la procura aveva continuato con i suoi accertamenti dai quali era saltata fuori un’ulteriore spesa considerata impropria dall’accusa: circa 3.600 euro per un convegno organizzato dalla società Evolvere, in cui Barracciu sarebbe personalmente interessata. Il pm Marco Cocco aveva chiesto per Barracciu, ormai divenuta sottosegretaria, l’interdizione dalla carica, misura respinta però dal gip.