Riunione straordinaria dei ministri degli Interni della Ue martedi’ prossimo. Una risposta a Angela Merkel e il cancelliere austriaco Werner Faymann, che hanno chiesto ieri, seguiti dalla Slovacchia, un vertice dei capi di stato e di governo della Ue, “la prossima settimana”, per trovare una via d’uscita al caos e alle divisioni in cui si dibattono i 28. Lunedi’ notte, i ministri degli Interni si sono separati a Bruxelles su una constatazione di fallimento, senza un accordo sulla distribuzione di 120mila profughi, cifra ormai travolta dalla realtà (più di 500mila persone hanno attraversato il Mediterraneo quest’anno per Frontex, 464.876 secondo l’Organizzazione internazionale delle migrazioni). “L’Europa si è coperta di vergogna” ha commentato Sigmar Gabriel. Per il vice-cancelliere tedesco “se non ci mettiamo d’accordo, le previsioni sul budget europeo a breve saranno solo aria, la Germania non è pronta ad essere sempre quella che paga in Europa. Sono tutti li’ quando c’è da prendere dei soldi, ma non c’è più nessuno quando bisogna assumersi delle responsabilità”. Il ministro degli Interni, Thomas de Maizière aveva affermato la vigilia che “i paesi che rifiutano” la distribuzione di quote di rifugiati “sono quelli che ricevono molti fondi strutturali”. Potrebbe essere riesumata la minaccia di una multa per i paesi reticenti. Ma Merkel ha calmato il gioco delle minacce, ieri, anche di fronte alla difficoltà di tagliare l’accesso ai fondi strutturali al fronte del rifiuto, cioè il gruppo di Visegrad (Ungheria, Repubblica ceca, Slovacchia e Polonia), a cui si sono aggregati Romania e Lettonia. “Credo che dobbiamo riuscire a creare un nuovo spirito europeo – ha precisato Merkel – ma le minacce non sono la strada per arrivare a un accordo”. Il ministro degli Interni francese, Bernard Cazeneuve, ha ricordato all’est reticente che “l’Europa non è à la carte, la solidarietà non è divisibile, il carico dell’accoglienza dei rifugiati non puo’ gravare solo su 5 paesi, che da soli ne accolgono il 75%”. Per Germania e Francia, il primo passo, per smuovere la situazione, è l’apertura “immediata” di hotspots in Italia e Grecia, ha insistito Merkel, per poter poi avviare la redistribuzione “equa”. Alfano ha parlato ieri di “due mesi” di tempo. Aprire “subito” gli hotspots è una mano tesa verso i reticenti, perché significa assicurare che ci sarà una registrazione rapida, con la distinzione tra chi ha diritto all’asilo e chi invece è un migrante economico, che sarà rinviato in fretta al suo paese d’origine.

Il tempo stringe e la Ue affonda. Per il commissario Dimitris Avramopoulos la crisi dei rifugiati è “un crash test” per l’Europa. Per l’Alto Commissario Onu per i rifugiati, Antonio Guterres, l’Europa che rifiuta le quote di accoglienza “ha dato un’immagine terribile al resto del mondo”. Un vertice dei capi di stato e di governo puo’ trasformarsi in una scommessa pericolosa, perché al Consiglio europeo ci vuole il consenso e le divisioni sarebbero manifeste e irreparabili a quel livello di potere. Un’atra ipotesi è ricorrere al voto a maggioranza al prossimo consiglio Interni dell’8 ottobre, passo che è stato evitato lunedi’ per scongiurare una rottura definitiva. Pressioni anche da Mrs.Pesc, Federica Mogherini, di fronte all’Europarlamento: “in gioco c’è la vita di persone, ma anche la stessa esistenza della Ue”. E ha invitato a finanziare il Trust Fund della Ue (ieri la Serbia ha chiesto finanziamenti per far fronte alla crisi degli arrivi). “Nessun muro, nessuna recinzione fermeranno la disperazione di chi è disposto a mettere in pericolo la propria vita e quella dei propri figli, pur di scappare dalla schiavitù: sarà meglio che lo capiscano tutti, prima o poi”, ha aggiunto Mogherini, rivolta ai paesi che erigono barriere, come l’Ungheria, che ieri oltre al muro di filo spinato al confine con la Serbia ha cominciato ad erigerne un altro alla frontiera con la Romania. L’Austria ha rimesso i controlli alla frontiera con l’Italia, la Francia lo ha già previsto in caso di una nuova crisi tipo Ventimiglia.

Tornerà sul tavolo a Bruxelles la questione della lista dei “paesi sicuri”. Un’altra fonte di discordia nella Ue, dove non tutti sono d’accordo, sul Kosovo, per esempio, ma soprattutto sulla posizione da attribuire alla Turchia. Oggi, il parlamento francese dibatte sui rifugiati. Ieri, ha discusso sull’intervento in Siria, con voli di ricognizione che saranno presto seguiti da attacchi mirati, imminenti. Parte della destra chiede un intervento a terra, che Hollande ha escluso.