Questa sera Enrico Letta si vedrà confermare la fiducia, anche al senato dove può adesso contare, a meno di nuove conversioni a destra, su una maggioranza di soli sette voti (esclusi i senatori a vita). Ma già ieri il presidente della Repubblica – che pure questa verifica ha voluto, accogliendo l’invito di Forza Italia – ha anticipato l’esito positivo, prolungandolo nel tempo. Le elezioni, ha assicurato, «non sono dietro l’angolo», malgrado le polemiche tra partiti mantengano un tono «dannatamente e sempre elettorale». Nell’orizzonte medio-lungo tracciato dal presidente della Repubblica, Matteo Renzi ha sistemato gli ostacoli. Il governo, ha detto, durerà al massimo un anno. Per riuscirci dovrà però fare «cose concrete» entro le elezioni europee, 25 maggio. Interventi in economia, ma soprattutto un paio di riforme che sarebbero di stretta competenza parlamentare. La nuova legge elettorale, subito, e i primi due passaggi della riforma costituzionale con l’annunciata riduzione dei parlamentari. «Letta – ha detto il neo segretario del Pd – ha l’occasione per fare una cosa straordinaria». Una.

Nell’intervista a Ballarò Renzi è stato anche più ruvido: «Letta deve fare le cose che ci siamo detti di fare», nell’incontro «positivo e fruttuoso» di lunedì a palazzo Chigi. Oggi il presidente del Consiglio, prima di affrontare il tema riforme, si dilungherà su economia e lavoro, che saranno scenograficamente trasferiti in un Consiglio dei ministri convocato in serata per i primi provvedimenti. Renzi ha spiegato chiaramente che non accetta di rimandare la nuova legge elettorale a quando sarà conclusa la riforma costituzionale del parlamento, quella che lui chiama «la strategia del rinvio». E per questo è riuscito a ottenere lo spostamento della materia alla camera, visto che al senato «stavano solo aspettando che crescesse, come la pasta per la pizza». I presidenti di camera e senato, cui tocca di trovare le «possibili intese» sull’iter della discussione, dovranno a questo punto adeguarsi, anche se Renzi ha detto che sul passaggio alla camera «siamo tutti d’accordo, anche Letta». Alfano si è arreso, «tanto poi qualunque legge dovrà tornare al senato». Al limite ci saranno rimasti male i senatori, specie la presidente della prima commissione Anna Finocchiaro, ma per tutti i parlamentari Pd Renzi aveva in tasca un discorso in stile motivazionale. «Qui ci sono 400 persone che possono cambiare l’Italia, sono emozionato», ha detto attaccando a parlare verso le nove nell’auletta dei gruppi alla camera.

«La palla ce l’ha il Pd, ce l’abbiamo noi», ha insistito il neo segretario. Significa che la proposta sulla legge elettorale, quella che Renzi aveva promesso prima delle primarie, non la lascerà fare al governo. La farà il Pd e Alfano e Casini si troveranno di fronte al bivio se accettare un doppio turno di coalizione o rischiare un Mattarellum corretto in senso ultramaggioritario che Renzi potrebbe negoziare con Forza Italia e grillini. Di certo non può restare l’impianto proporzionale salvato dalla Consulta, una soluzione «inciucista» secondo Renzi. L’appello che Alfano ha ripetuto ieri perché si cerchi prima un’intesa tra le forze di maggioranza e poi, eventualmente, si allarghi alle opposizioni, sarà lasciato sostanzialmente cadere. Se Letta ci riuscirà in poche settimane bene, altrimenti il neo segretario vuole sparigliare anche solo per dimostrare che l’alleanza di governo funziona da freno rispetto alle questioni più urgenti. «Se ci portano per le lunghe ci rivolgiamo a tutti», ha detto ai parlamentari.
Una sponda sulle riforme il sindaco di Firenze l’ha trovata in Napolitano, che dovrebbe incontrare tra oggi e domani al Quirinale.

Anche il presidente ha ormai abbandonato l’ipotesi della riscrittura semi totale della seconda parte della Costituzione, e fa il tifo adesso per un ridimensionamento del senato. «Si devono superare la ripetitività e le duplicazioni del processo legislativo – ha detto – sono convinto che esista la possibilità di tagliare corto su queste complicazioni e ridondanze e qualificare in modo nuovo il senato». Renzi è d’accordo, anzi l’ha proposto lui. Ma neanche in questo caso intende procedere lentamente e rispettando un vincolo di maggioranza. Anzi, si rivolge già ai grillini: «Votate la nostra proposta». Che ancora non c’è.