Gli ottantadue anzi ottantacinque milioni di emendamenti di Calderoli nessuno gli ha mai visti né tantomeno letti, sarebbe del resto impossibile, qualcuno a calcolato che servirebbero 374 anni. Formalmente depositati entro il termine di ieri mattina, adesso dormono nei dvd al senato in attesa che il macchiettistico presentatore trovi il momento adatto per ritirarli. L’iniziativa ostruzionistica contro il disegno di legge di riforma costituzionale provoca reazioni variamente allarmate della maggioranza (per il capogruppo Zanda è un «sabotaggio», per Renzi un «gesto ridicolo») ma anche del presidente del senato. «È un’offesa alla dignità delle istituzioni», dice Grasso, i cui rapporti con il Pd sono in rapida risalita dopo che l’accordo tra il governo e la minoranza ha tolto dal tavolo il problema dell’emendabilità dell’articolo 2 del disegno di legge di riforma.

Calderoli chiede innanzitutto visibilità, poi modifiche al Titolo V negli articoli che riguardano le competenze delle regioni ordinarie (vorrebbe espanderle fino a quelle delle regioni a statuto speciale); nessun esito diverso dal ritiro è possibile. Solo ordinare i milioni di emendamenti farebbe saltare il termine del 15 ottobre al quale il governo non può rinunciare, visto che subito dopo partirà la difficile sessione di bilancio. Ieri si è conclusa la discussione generale, oggi ci sarà la replica della ministra Boschi, dalla prossima settimana le votazioni. Tolta la buffonata leghista, restano decine di migliaia di emendamenti delle opposizioni per superare i quali Grasso dovrà recuperare la tecnica del canguro che ha già applicato in passato, malgrado il regolamento del senato non la preveda.

L’accordo nel Pd ha preso la forma di tre emendamenti firmati dalla presidente della prima commissione Finocchiaro e dai capigruppo della maggioranza. L’intervento sull’articolo 2 è sul solo comma 5, quello sicuramente «aperto» perché modificato alla camera; la formula di compromesso recita che i senatori sono eletti all’interno dei consigli regionali «in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi». Quanto alle competenze del nuovo senato, articolo 1, vengono leggermente allargate, ripristinando la competenza esclusiva sulle «funzioni di raccordo» tra lo stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Anche il terzo emendamento è un ritorno al testo approvato dal senato in prima battuta: palazzo Madama non parteciperà più con la camera alla scelta di cinque giudici costituzionali ma ne eleggerà da solo due.

Restano in attesa di ritiro gli emendamenti della minoranza Pd per l’elezione popolare diretta dei senatori, ma è solo questione di tempo in attesa che Grasso come tutti a questo punto si aspettano blindi l’articolo 2. Non tutti i 28 senatori che li avevano firmati torneranno indietro, non Mineo e Tocci che l’hanno annunciato in aula durante il dibattito. Ma l’intesa di Renzi con i bersaniani e i cuperliani renderà solo aggiuntivi i voti dei transfughi del centrodestra. Che pure continuano a aumentare e non più solo al senato dove potrebbero in futuro tornare utili. Il senatore forzista Gasparri ha denunciato direttamente in aula la presunta compravendita dell’ex collega Amoruso, passato con Verdini a suo dire perché «gli interessavano le consulenze per i familiari». Il Movimento 5 Stelle ha annunciato che presenterà una denuncia alla procura di Roma.